Dall’incontro tra il network di artisti OSI e il magazine di arte contemporanea DROME si generò nel 2006 a Roma l'evento ALMA DROMESTICA, un intervento artistico, psicogeografico e plurimediale con l’obbiettivo di far comunicare lo spazio pubblico con lo spazio domestico attraverso un’esplorazione al contempo libera e guidata.
In 7 case private dislocate su tutto il territorio del quartiere Pigneto e aperte al pubblico per un solo giorno, il primo di luglio, hanno avuto luogo contemporaneamente 7 eventi artistici tematici. In questa pagina troverete molti materiali non più disponibili on line di una giornata memorabile che ha cambiato radicalmente il modo di intervenire nello spazio pubblico della città di Roma: testi, comunicati, mappe, alcune pagine del vecchio sito www.almadromestica.com realizzato allora dallo staff di Drome magazine. Inoltre cliccando qui potrete accedere a ulteriore documentazione: foto e video. Buona deriva!

sito web alma dromestica pubblico

Il flâneur Franz Hessel, colui che in una prosa del ’29 - Versuch mit Wien - ammise che ciò che annotava nelle sue derive non era destinato per sé ma per l’amico Walter Benjamin, sostenne che chi va a passeggio non ha bisogno di entrare nei negozi o nelle case, non ha bisogno di immischiarsi: ”Gli bastano le vetrine e lo spettacolo di chi entra e di chi esce. Dalle scritte è in grado di decifrare la vita”.

Le flâneries di Hessel sono un invito ad una pratica gratuita e che si muove senza opacità sulla superficie della metropoli, non gli competono le viscere dell’urbano, gli spazi chiusi, gli spazi domestici. E’ un’arte il cui campo esclusivo è quello del transito, un’arte che ritroviamo simile, ma per ragioni diverse, nelle passeggiate disegnate da Jiro Taniguchi. Oggi lo spazio pubblico è mutato e l’esperienza moderna della flânerie è divenuta impossibile, oggi tutto cospira contro l’arte di perdersi, e un’équipe di flâneurs senza meta e senza intenzioni di consumare, che non entrano e non escono, sarebbero sospetti. L’esperienza del camminatore di Taniguchi è un’eccezione, ma solo perché lo spazio domestico giapponese non si nasconde al passante, è aperto e non chiuso, basta uno sguardo per essere dentro. Nell’evento ALMA DROMESTICA faremo incontrare due pratiche dello spazio che solitamente sono considerate opposte, quella della deriva psicogeografica lettrista e quella della festa e dell’evento negli spazi domestici. Lo spazio domestico è nell’indagine del territorio sempre una zona d’ombra. Possiamo immaginare le case dall’alto a volo d’uccello o guardare distrattamente le loro facciate, possiamo prestare attenzione al paesaggio urbano o percepire il clima sociale di un angolo di strada, ma una visuale sinottica della rete degli spazi interni ci rimane irraggiungibile. Dello spazio domestico presumiamo di sapere tutto, eppure si tratta di uno spazio che da sempre sfugge ad ogni cartografia. Lo spazio domestico paradossalmente è rimasto uno degli ultimi luoghi selvaggi della terra, dove lo sguardo dei satelliti non arriva. Le prime cartografie di spazi domestici hanno dimostrato un loro diffuso uso improprio, che spezza le loro destinazioni funzionali. E non parliamo solo delle feste negli appartamenti, uno dei rari momenti in cui pubblico e privato collidono, ma a case che divengono luoghi di rappresentazioni teatrali, di esposizioni, di performance, di reading, di concerti. Con buona pace di Hessel e di tutti i flâneurs, nell’evento ALMA DROMESTICA si dovrà entrare ed uscire spesso, la deriva psicogeografica non si limiterà alle strade e alle piazze, la dicotomia pubblico/privato verrà fatta saltare, il visitatore verrà messo nella condizione di esplorare le viscere del quartiere, di attraversare numerose soglie: soglie di palazzi, soglie di appartamenti, soglie di stanze, soglie spesso inaccessibili anche agli amici, difese gelosamente contro ogni intrusione e trasgredite dall’azione degli artisti. E’ un’ironia della storia che in questo evento l’avventura debba passare per lo spazio domestico. Dentro le dimore tutto dovrebbe essere stato addomesticato, nulla vi dovrebbe succedere, lo spazio domestico è tradizionalmente lo spazio della famiglia e tutto all’interno è familiare, non vi dovrebbe essere possibilità per l’incontro fortuito, per l’esplorazione, per la scoperta, per la meraviglia. Eppure oggi, proprio oggi, che lo spazio pubblico arretra, in cui tutto ciò che vi può accadere rientra nel già visto o nel prevedibile, è proprio lo spazio domestico che si fa uno spazio selvaggio, che offre sorprese, che si presta, quando si apre all’ospitalità, allo sguardo, alla festa e all’arte, allo spaesamento.

Immaginate di camminare senza meta per la città, sì ok nulla di nuovo, ma immaginate ora anche di poter entrare ed uscire dagli appartamenti sulla vostra strada. Di poter sostare in una cucina, di poter fare una pausa in un terrazzo sotto un ombrellone (si tratta pur sempre di una canicolare giornata di luglio), di poter sbirciare i libri nella biblioteca di uno sconosciuto o di dare un’occhiata nel frigo e magari furtivamente dissetarsi con la sua aranciata, prima di rituffarsi nel flusso di passanti, e poi di nuovo, volendo, avere la possibilità di sostare in un altro appartamento. La piazza è sempre stato il luogo in cui una comunità si ritrovava, una comunità di quartiere, una comunità cittadina, nazionale, oppure una comunità religiosa, politica, sportiva. Ma in questo spazio ibrido, che raccoglie l’esperienza della strada e quella del privato chi diventiamo? Non è più né l’esperienza della folla né quella dell’individuo. La moltitudine che si raccoglie in questo spazio di soglia cos’è? E’ tutto da scoprire, perché se è vero che proliferano i popoli della soglia, in un’epoca di incertezze e precarietà, è anche vero che questi popoli non hanno ancora i loro spazi. E la ricerca di questi nuovi spazi è un’esplorazione in territori mai visti prima, ai limiti dell’esperienza postmoderna, e qui ai confini dell’impero ritroviamo un vecchio cartello che conoscono tutti gli esploratori: ”hic sunt leones”.

Lasceremo i visitatori dell’evento fare i loro incerti passi (riusciranno a parlare con i leoni o si lasceranno sbranare?) attraverso le strade e le piazze del Pigneto, invitati ad una caccia al tesoro. Non avranno molti punti di riferimento, solo qualche indizio, per trovare i luoghi in cui reperire le mappe. Perché a nessuno sarà detto dove saranno gli appartamenti in cui si terranno gli eventi e allora saranno per forza di cose portati a camminare, guardarsi intorno, chiedere informazioni. Sul territorio, vi saranno delle guide silenziose, invisibili, discrete, che faranno ritrovare la via agli smarriti e agli spaesati, che suggeriranno ipotesi, che faranno finta di essersi smarriti anche loro, o che faranno smarrire chi si crede a casa propria, chi pensa di conoscere il quartiere come le sue tasche, che leggeranno le mappe in maniere fuorvianti, giusto il tempo perché il visitatore si renda conto che la mappa è letta al rovescio. C’è chi dimostrerà gratitudine verso le nostre guide e chi si spazientirà, si tratterà della messa in scena di una forma di teatro urbano invisibile. Il paesaggio del quartiere sarà lo scenario e i camminanti i suoi attori più o meno consapevoli. Chi può dire che l’evento si esaurirà dentro gli appartamenti? L’evento è pensato per integrare anche lo spettatore in un gioco artistico che ne fa il protagonista della scena di questo angolo di metropoli. Da una parte il flusso di visitatori, che in quanto passanti, scriveranno un testo spassoso e inafferrabile e dall’altra degli attori del territorio, i quali però non saranno individuabili come tali, passanti generosi o molesti.

Partecipare a questo evento non sarà una passeggiata, vi saranno dei rischi, qualcuno potrebbe davvero perdersi e perdersi anche lo spettacolo che lo attendeva, ma avrà guadagnato un’esperienza psicogeografica, avrà un’avventura da narrare che vale quanto il migliore dei nostri artisti; altri, invece riusciranno a passare per ogni tappa, come in un pellegrinaggio, ma non saranno più fortunati. Un tardo pomeriggio del primo di luglio il Pigneto vedrà un teatro di azioni in cui sarà difficile distinguere tra scena e platea.

Le derive attraverso il Pigneto saranno a cura di Centro di Ricerca sull’Immaginario di Quartiere (CRIQ), Centro di Ricerca dei Luoghi Singolari (CRLS) e Laboratorio di Teatroarchitettura (TARC).