Manifesto del Centro di Ricerca dei Luoghi Singolari (2004)

Luoghisingolari.net è un gruppo di ricerca urbana fondato dall'architetto Laura Martini e dall'antropologo urbano Daniele Vazquez nel 2004, il nostro manifesto risale ad allora, quando ancora usavamo l'acronimo CRLS (Centro di Ricerca dei Luoghi Singolari). Fin dall'inizio il nostro approccio ha privilegiato una metodologia che innesca e favorisce le stesse pratiche e situazioni che s'intendono indagare per vederne in filigrana i processi di genesi, produzione e propagazione. Luoghisingolari.net è un network la cui geografia è in continuo mutamento cui fanno parte anche filosofi, artisti, archeologi, ingegneri e altre figure professionali o sperimentali, d'avanguardia o di lotta, accademiche o extra-accademiche, che si attiva su progetti specifici.

Il nostro obbiettivo è, allo stesso tempo, quello di far avanzare l'elaborazione teorica e concettuale sullo spazio e di non rimuovere mai il momento quotidiano del fare architettura e progettazione. Teoria, progettazione, cantiere, immaginario, arte, trasformazione radicale dell'esistente, tentiamo di produrre una costellazione di luoghi in cui questi diversi aspetti possano coesistere e comunicare. La nostra filosofia potrebbe chiamarsi "advanced enlightenment", riteniamo, con Adorno, che ogni critica dell'illuminismo debba "preparare un concetto positivo di esso".

Stiamo preparando un nuovo manifesto, dal 2004 molte cose sono cambiate, stiamo attraversando la prima crisi economico-finanziaria "space-based" che segnerà un passaggio epocale e tutto dipende da come se ne uscirà. Già da ora diciamo che il nostro manifesto del 2012 renderà maggiormente conto della dialettica socio-spaziale tra luoghi singolari e i processi sempre più evidenti di de-singolarizzazione degli spazi urbani.

MANIFESTO 2004

Il manifesto del Centro di Ricerca dei Luoghi Singolari è uno strumento provvisorio modificabile in seguito alle configurazioni che il network assumerà nel corso delle sue attivazioni. 

INTELLIGENZA COLLETTIVA

In un luogo immaginario, in via di progettazione, ma già abitato, nasce il CRLS. Il CRLS non è né esclusivamente uno studio d’architettura né esclusivamente un gruppo di lavoro o di ricerca interdisciplinare sulla metropoli. Il CRLS è un’intelligenza collettiva che individua le nuove urgenze e i nuovi desideri che si esprimono nello spazio urbano e che propone scenari e soluzioni possibili per l’abitare contemporaneo. Un network a configurazioni multiple cui si connettono differenti modi di approccio alla metropoli - artistico, architettonico, archeologico e socio-antropologico –, un capitale sociale che si attiva e s’investe su progetti specifici.

Le nuove urgenze e i nuovi desideri che si esprimono nello spazio urbano reclamano i loro luoghi. Ma si tratta di luoghi di un tipo nuovo: li abbiamo chiamati luoghi singolari e noi stessi ne abitiamo uno.  

CHE COS’E’ UN LUOGO SINGOLARE?

Un luogo singolare è un luogo abitato o abitabile da singolarità e per singolarità intendiamo la condizione in cui vive chiunque non abbia più luoghi comuni dove riconoscersi. Si tratta di un approccio al concetto di singolarità in prima battuta sociologico, quello più adeguato per un teoria sociale dello spazio urbano e per una critica delle forme contemporanee di progettazione. Ma la ricerca del CRLS sullo spazio urbano non esclude altri tipo di approccio, specialmente quando si tratta di esplorare le soglie attraverso cui architettura e sociologia entrano in contatto con le arti, l’antropologia e la filosofia. Queste zone di contatto sono fondamentali per comprendere come i luoghi si disintegrano e si producono. Un’altra definizione di luogo singolare è un luogo che si configura a partire da singolarità e qui per singolarità è possibile dare una definizione antropologica, filosofica o matematica.

1. Zone liminari tra lavoro e tempo libero
Chiunque non abbia più luoghi comuni dove riconoscersi abita luoghi singolari. I grandi luoghi comuni della modernità erano il prodotto dell’industria; la fabbrica o il quartiere operaio nella città industriale erano luoghi che per quanto degradati e avvilenti permettevano a una comunità di riconoscersi. L’indagine ecologica della città individuava le sue aree anche e soprattutto dalla composizione sociale. E nella maggior parte dei casi la composizione sociale passava attraverso le forme del lavoro fordista, con i suoi spazi delimitati, con i suoi luoghi comuni. Oggi non solo il lavoro non produce più luoghi comuni, ma già da tempo nemmeno il consumo si presenta più come un terreno sul quale giocare le identità . Riteniamo che sia un’illusione tardomoderna guardare al consumo come ad un momento di soggettivazione oltre il lavoro. Con il generalizzarsi del lavoro flessibile e precario, il tempo del lavoro e il tempo libero sfumano l’uno sull’altro. Per larghi strati della popolazione il comune oggi sembra definirsi solo negativamente, in quanto mancanza di un lavoro fisso, come incertezza del reddito e delle prospettive abitative ed esistenziali (cfr. Andrea Tiddi, Precari, Roma, 2002). Un’indagine sulle nuove soggettività metropolitane che partisse dal lavoro o dal consumo non troverebbe una classe omogenea, ma una costellazione di percorsi esemplari che difficilmente possono essere fatti convergere in un luogo comune. Sono costellazioni di singolarità appunto che abitano le zone liminari tra lavoro e non lavoro. Il lavoro flessibile è l’altra faccia del nomadismo contemporaneo, portatore di una concezione dello spazio differente da quella dei non luoghi o degli spazi-de-flussi, espressione della mobilità dell’èlite globale. Queste zone liminari sono luoghi singolari. Sono i luoghi che le singolarità del lavoro flessibile e precario già abitano, sono spesso immaginari o provvisori, inattuali o mutevoli, sono soste e pause lungo gli attraversamenti. Sono terre appena intraviste, eppure saranno i luoghi del futuro. Sono la nuova questione delle abitazioni.

2. Spazi dell’esempio
A partire da un discorso antropologico definiamo luogo singolare il luogo dell’esempio. Si tratta di spazi che vengono usati in modo improprio. La struttura codificata dello spazio viene spiazzata da un uso tattico e imprevisto. Questo discorso vale sia per gli spazi interni o privati (si veda il progetto occuparespazinterni) sia per gli spazi esterni o pubblici. Questi spazi vengono trasformati in luoghi attraverso invenzioni esemplari e riproducibili che esprimono e diffondono nuove forme dell’abitare. Sono luoghi singolari perché l’esempio va considerato una singolarità, né particolare né universale. L’esempio è l’invenzione che sconvolge la struttura del rituale o il continuum microfisico delle routine e li forza a rinnovarsi. Esso è un caso particolare reale, eppure è riproducibile e sta accanto alle sue riproduzioni indistinguibile da esse. Esso vale per tutti i casi dello stesso genere e insieme è incluso tra di essi, è un caso tra gli altri e però sta in luogo di ciascuno di essi, vale per tutti. Non si tratta di un’idea originale, ma appunto singolare e non va confusa con l’innovazione. L’esempio non innova un materiale preesistente, lavora a partire da uno spazio vuoto, uno spazio non necessariamente mai percepito ma piuttosto sottovalutato. Non mira a produrre una novità, la produce certamente e tende a diffondersi e a diventare rituale o abitudine, ma solo come conseguenza dell’espressione di un’urgenza sociale o di un desiderio, apre uno spazio accanto e lo rende abitabile. Può essere anche uno spazio immaginario o uno spazio artistico ma non per questo uno spazio meno abitato o abitabile.   

3. Luoghi che confinano con tutto il possibile
A partire da un discorso filosofico definiamo luogo singolare un luogo che confina con tutto il possibile. Se in sociologia possiamo definire singolarità le storie dei lavoratori cosiddetti atipici e se non possiamo fare della somma di queste storie un soggetto sociale è perché ad esempio non esiste ancora una metodologia sociologica e statistica in grado di render conto di queste storie. Il lavoro flessibile e precario è ancora opaco e relativamente invisibile al discorso analitico, ancora osservato con categorie e indicatori obsoleti come quelli di occupazione e disoccupazione. Filosoficamente potremmo dire che questa costellazione di biografie è fatta di singolarità finché sfugge all’analisi sociologica e statistica, cioè esprime un campo di urgenze sociali e di desideri che confina ancora con tutto il possibile. Rimane un campo inespresso, ma quando si prenderanno misure politiche per riconoscerlo, un reddito di cittadinanza ad esempio, esso  smetterà di essere un campo di singolarità. Lo stesso vale per i luoghi singolari come luoghi dell’esempio, questi luoghi dell’invenzione finché non si riproducono e si diffondono, divenendo pratiche abitudinarie o rituali, producendo luoghi tout court, confinano con tutto il possibile. Non possiamo conoscere gli esiti di una tale riproduzione, ma se essa dovesse avvenire il luogo singolare starebbe accanto alle sue riproduzioni indistinguibile da esse. Giorgio Agamben scrive:”Qualunque è la figura della singolarità pura. La singolarità qualunque non ha identità, non è determinata rispetto a un concetto, ma neppure è semplicemente indeterminata; piuttosto essa è determinata solo attraverso la sua relazione a una idea, cioè alla totalità delle sue possibilità. Attraverso questa relazione, la singolarità confina, come dice Kant, con tutto il possibile e riceve così la sua omnimoda determinatio non dalla partecipazione a un concetto determinato o a una proprietà attuale (l’esser rosso, italiano, comunista), ma unicamente attraverso questo confinare. […] in questo confinare è in questione non un limite (Schranke), che non conosce esteriorità, ma una soglia (Grenze), cioè un punto di contatto con uno spazio esterno, che deve restare vuoto. Ciò che il qualunque aggiunge alla singolarità è soltanto il vuoto, soltanto una soglia”.

4. Gli universi nascono da luoghi singolari?
Il concetto filosofico di singolarità è molto simile a quello che si usa in matematica, in fisica e in astrofisica. Qui abbiamo a che fare con equazioni matematiche e non è in realtà corretto importare arbitrariamente i termini usati per definire gruppi di equazioni nel campo della teoria socio-antropologica o della filosofia. Riteniamo comunque che la terminologia dei fisici sia ugualmente interessante nel fornire un’idea dello spazio e del tempo fuori dal senso comune e ci piace definire il luogo singolare usando anche la definizione di singolarità in astrofisica: il luogo in cui le leggi della fisica quali le conosciamo perdono la loro validità e dove tutto può accadere. Le singolarità sono un passaggio necessario della teoria della relatività generale, si trovano all’interno dei buchi neri, nascoste dall’orizzonte degli eventi. Tra la singolarità e l’orizzonte degli eventi vi è uno spazio vuoto. Qualunque corpo sottoposto a collasso gravitazionale forma una singolarità. Ma invertendo le equazioni che portano alla singolarità è possibile dimostrare che l’Universo in espansione stesso dev’essere nato da una singolarità. Poiché l’orizzonte degli eventi, cioè la superficie attorno a un buco nero che racchiude la regione da cui nulla può fuggire, potrebbe non essere eterno, si può ipotizzare una “singolarità nuda”, la quale esposta direttamente allo spazio esterno farebbe fuoriuscire energia e materia. Un buco bianco. Questa espulsione potrebbe assumere qualunque forma. A una singolarità nuda non farebbe differenza se la materia che emette è in una forma o in un’altra. E’ molto probabile che si tratti di materia stellare, ma non è improbabile che sforni una bottiglia di primitivo, le twin towers o voi stessi. Alcuni fisici ipotizzano una “censura cosmica”, la quale impedirebbe l’esistenza di singolarità nude. Ma l’ipotesi che l’Universo possa esser nato da una singolarità con un grande esplosione (big bang) fa pensare che l’ipotesi della censura cosmica possa essere sbagliata. Le singolarità, specie quelle associate ai buchi neri rotanti ammettono la possibilità anche del viaggio nel tempo.

PROGETTARE E COSTRUIRE LUOGHI SINGOLARI

Si tratta di cercare e cartografare  i luoghi singolari della nostra epoca, ma in alcuni casi si tratta anche di progettarli e costruirli. La committenza potenziale per un’avventura progettuale di questo tipo è spesso  quella con meno risorse economiche, questa situazione piuttosto che limitare il momento progettuale lo proietta su territori sperimentali e innovativi: è questo l’ambito delle soluzioni migliori e più vicine alla nostra idea di luogo singolare.  Un altro terreno per la progettazione e costruzione di luoghi singolari  è senza dubbio quello artistico. Si tratta di realizzare ambienti temporanei che abbiano il valore del prototipo o dell’esempio (termini che preferiamo a quelli di “utopia” o “eterotopia”). Ambienti costruiti sul terreno dell’arte ma che rappresentano anche modelli prefiguranti l’organizzazione possibile dello spazio urbano futuro. Si tratta di luoghi apparentemente unici e non riproducibili, così come l’evento che li produce e li attraversa (quelli da noi realizzati finora sono sempre stati attraversati da performance di una certa complessità). La loro bellezza potrebbe essere definita una bellezza événementiel.. Ci piace tutto ciò che sfugge temporaneamente alla riproducibilità tecnica, così chiamiamo luoghi singolari anche tutti quei luoghi temporanei la cui atmosfera partecipa di questo tipo di bellezza. Ma i luoghi singolari sono ovviamente riproducibili, e colto il momento performativo non possiamo che auspicare una loro riproduzione. Diciamo che il luogo singolare sta alle sue riproduzioni come nella net.art il primo esemplare sta alle sue riproduzioni. Non si tratta di copie, non vi è un originale.  

UN ALTRO MONDO PER LA PROGETTAZIONE

Ogni epoca ha visto i mutamenti sociali produrre lo spazio a sua misura, ma un approccio socio-antropologico alla produzione dello spazio contemporaneo ci indirizza verso scenari differenti rispetto a quelli prefigurati fin’ora dai concetti di non luogo (nell’antropologia delle società complesse) o spazio-dei-flussi (nella sociologia urbana e nell’economia politica). Lo spazio da questa prospettiva non è solo il risultato delle dinamiche economiche dominanti di un’epoca, ma anche dell’uso che se ne fa e che se ne può fare dal basso. Non avremmo un quadro completo della rivoluzione contemporanea nella concezione dello spazio se ci fermassimo esclusivamente ai non luoghi o agli spazi-dei-flussi. Questi sono l’espressione di uno solo dei due lati delle tendenze generali del mercato contemporaneo. Per vedere l’altro lato è necessario guardare all’uso. Se lo spazio prodotto dall’èlite globale sembra disintegrare i luoghi, l’uso sembra produrli. I luoghi vengono prodotti dal basso, attraverso le nuove urgenze e i nuovi desideri che si esprimono nello spazio urbano, attraverso le molteplici forme emergenti dell’abitare. L’altra faccia del nomadismo dell’èlite globale è il generalizzarsi per le nuove generazioni metropolitane del lavoro flessibile e precario. Il lavoro flessibile e precario non è meno portatore di una nuova concezione dello spazio dell’èlite globale. Ma se questa nuova concezione si esprime per ora solo tatticamente, attraverso un uso imprevisto degli spazi post-industriali, bisognerà intravedere in questo uso tattico le possibilità per nuovi progetti. A partire dalle pratiche quotidiane dello spazio, a partire dalle forme emergenti dell’abitare, mai prevedibili in uno studio d’architettura o nella pianificazione urbanistica, è possibile immaginare un altro mondo per la progettazione.