LA DITTATURA DELLE PROLETARIE

A CURA DELLE/DEI COMPAGN* DEL FUNNY SOVIET DI ROMA

PARTE I, PARTE II, GLOSSE I, II, III.

La prima forma di guerra di classe della storia della specie è stata quella tra femmine e maschi, la seconda quella tra lavoratori e capitalisti, la terza che si profila fin d’ora è quella tra femmine proletarie e femmine borghesi. Le femmine borghesi hanno da sempre esercitato il loro potere sulle femmine proletarie e sottoproletarie con una tale violenza fascista da essere complici in tutto e per tutto degli abusi del patriarcato. La posizione che la civiltà capitalista attribuisce loro le mette al riparo da tutti i rischi della precarietà, il loro unico problema cui non sanno e non vogliono rinunciare, nonostante frivoli proclami e sospette adesioni entusiastiche al movimento femminista, sono proprio i maschi borghesi.
Non sapendo rinunciare all’accumulazione originaria di ricchezza del patriarcato dei maschi borghesi e unirsi davvero alla lotta delle femmine proletarie, non sapendo vivere con un lavoro precario, avendo tutte le garanzie possibili immaginabili, abituate al lusso, alla lussuria più laida e decadente, ai buoni salotti della borghesia, per le loro frequentazioni e le famiglie di origine sono le uniche che riescono accedere ai livelli più alti della vita associata patriarcale, a spingere verso l’alto il soffitto di cristallo. A meno che non riteniate una conquista l’acquisire un ruolo da poliziotte o militari, sappiate che acquisire qualsiasi ruolo di comando nel lavoro o in qualsiasi altra struttura della vita associata patriarcale significa acquisire un ruolo pensato fin dall’inizio per un maschio padre-padrone.

LA DITTATURA DELLE PROLETARIE

A CURA DELLE/DEI COMPAGN* DEL FUNNY SOVIET DI ROMA

PARTE I

La prima forma di lotta di classe della storia della specie è stata quella tra uomini e donne, la seconda quella tra lavoratori e capitalisti, la terza che si profila fin d’ora è quella tra femmine proletarie e femmine borghesi. Le femmine borghesi hanno da sempre esercitato il loro potere sulle femmine proletarie e sottoproletarie con una tale violenza fascista da essere complici in tutto e per tutto degli abusi del patriarcato. La posizione che la civiltà capitalista attribuisce loro le mette al riparo da tutti i rischi della precarietà, il loro unico problema cui non sanno e non vogliono rinunciare, nonostante frivoli proclami e sospette adesioni entusiastiche al movimento femminista, sono proprio i maschi borghesi.
Non sapendo rinunciare all’accumulazione originaria di ricchezza del patriarcato dei maschi borghesi e unirsi davvero alla lotta delle femmine proletarie, non sapendo vivere con un lavoro precario, avendo tutte le garanzie possibili immaginabili, abituate al lusso, alla lussuria più laida e decadente, ai buoni salotti della borghesia, per le loro frequentazioni e le famiglie di origine sono le uniche che riescono accedere ai livelli più alti della vita associata patriarcale, a spingere verso l’alto il soffitto di cristallo. A meno che non riteniate una conquista l’acquisire un ruolo da poliziotte o militari, sappiate che acquisire qualsiasi ruolo di comando nel lavoro o in qualsiasi altra struttura della vita associata patriarcale significa acquisire un ruolo pensato fin dall’inizio per un maschio padre-padrone.
Quando le femmine borghesi giungono ad acquisire il comando acquisiscono, dunque, una posizione nella civiltà capitalista frutto della ricchezza dei maschi borghesi che le trasforma in tutto e per tutto in maschi. Sappiamo dalla teoria gender che la soggettivazione del sesso non è più correlata al proprio destino biologico, ma è una costruzione sociale autodeterminata. Tuttavia, fatto fuori il destino biologico del sesso, come anche le ultime ricerche in campo neuro-scientifico sul cervello a mosaico dimostrano essere falso, resta un conflitto tra soggettivizzazione e autodeterminazione. La strutturazione della vita associata patriarcale e borghese è talmente pensata per il maschio padrone che le donne che SCELGONO di comandare al suo interno finiranno subito per comandare come maschi. Sono soggettivizzate come padri-padroni e si sono autodeterminate come maschi.
Non solo. Ma in quanto il ruolo è stato strutturato per il maschio biologico, giacché la civiltà patriarcale tenta in tutti i modi di reinvestire tutti i ruoli sulla dualità reazionaria biologica tradizionale chiamandola naturale, tale ruolo investirà la donna borghese facendole una violenza psicologica inaudita a tal punto che questa dovrà in ogni modo proiettare con il pugno di ferro tale auto-abuso sulle proletarie che lavorano, disprezzando come fossero le creature più dannate e infami della terra, più dei loro stessi amati animali domestici, le sotto-proletarie. Non c’è ideologia femminista che tenga in questo caso, è come se un maschio aderisse al femminismo con intenzioni manipolatorie, queste femmine non devono essere fatte entrare in alcun caso nei nostri Soviet.
Se la civiltà è patriarcale qualsiasi ruolo strutturato di comando o potere, dunque, all’interno di essa sarà un ruolo da maschio che ti trasforma in un suo attivo agente che ne riproduce la logica .Così o si manda all’aria la civiltà capitalista e i suoi ruoli oppure le femmine borghesi che vogliono DAVVERO il potere delle donne dovrebbero rinunciare ai loro maschi borghesi, alla ricchezza originaria accumulata da loro e a qualunque ruolo nella strutturazione patriarcale della vita associata borghese e unirsi alle femmine proletarie e sottoproletarie. Ma sarebbero ancora incapaci di PENSARE da proletarie, perché le proletarie vogliono non solo il POTERE, ma sottrarre la violenza proletaria al monopolio dello stato ed esercitare la loro feroce dittatura.
Le femmine proletarie non sono più femmine biologicamente delle femmine borghesi, sono più femmine delle femmine borghesi, seguendo la teoria gender, esclusivamente perché soggettivizzate in quanto tali come oppresse dalla civiltà patriarcale, borghese e capitalista o perché, ancor meglio, si sono anche auto-soggettivizzate in quanto tali, ovvero autodeterminate in quanto femmine. Non si può essere contro l’ordine naturale della società e contro il dualismo biologico dei sessi e allo stesso tempo pretendere l’unità del movimento femminista, includendo in esso le femmine in base a criteri biologici. O l’una o l’altra. O si è per l’ordine naturale della vita associata e il dualismo biologico dei sessi e allora ha senso un fronte unito delle femmine biologiche, oppure si è contro tale ordine e il dualismo biologico e il fronte va spezzato a favore delle femmine proletarie e sottoproletarie. È chiaro che la prima posizione se negli anni ’70 era rivoluzionaria, è oggi diventata reazionaria e fascista. LA NATURA UMANA è per noi UN PRODOTTO STORICO CHE LE FEMMINE OGNI GIORNO POSSONO E DEVONO TRASFORMARE.
Le femmine borghesi devono unirsi alle femmine proletarie e sottoproletarie oppure sono e saranno nemiche del femminismo in quanto complici, agenti e riproduttrici del patriarcato e dei maschi padri-padroni borghesi. I maschi borghesi riprodotti dalle femmine borghesi fanno difendere la civiltà patriarcale prima di tutto dai maschi proletari portandoli a comportarsi da padri-padroni al riparo da ogni reale rischio se non l’autodifesa delle femmine proletarie e sottoproletarie. Dunque i maschi proletari padri-padroni sono solo, in realtà, dei padroncini che come poliziotti a loro insaputa difendono l’ordine dei loro padroni maschi e femmine borghesi a discapito della femmine proletarie e sottoproletarie. Per scardinare il patriarcato occorre intervenire sulla riproduzione dei maschi borghesi, ovvero sottrarre quante più femmine borghesi alla loro classe e farle unire al femminismo reale, quello proletario. Le femmine borghesi che preferiranno restare con i loro maschi borghesi verranno riconosciute immediatamente come complici, agenti e riproduttrici del patriarcato e nemiche del genere femminile

PARTE II

Queste femmine borghesi sottratte alla ricchezza originaria accumulata dai maschi borghesi dovranno essere educate al modo di vivere delle femmine proletarie. Non basta un’adesione di principio, ma un abbandono di fatto della propria classe di provenienza. Al contrario non saranno in grado di tollerare il modo di pensare senza scrupoli e cinico delle proletarie autodeterminate, le quali sono avvezze alla violenza più pericolosa e inaccettabile per il patriarcato e lo Stato borghese. Le quali sono portate al comando e al potere in ruoli che rompono del tutto con quelli fin dall’inizio creati per i maschi, senza per questo ingenuamente pensare a miti creati dagli intellettuali maschi romantici stessi come la ginecocrazia di Bachofen o le amazzoni. Si profila un nuovo tipo di comando e di potere delle femmine proletarie che prende la forma di una dittatura vera e propria sull’intera vita associata: LA DITTATURA DELLE PROLETARIE.
Tale dittatura sarà esercitata senza pietà tanto sui maschi borghesi e proletari quanto sulle femmine borghesi che si ostinano a riprodurre i maschi borghesi o a riprodurre, comunque, la logica del patriarcato. Vi sono due questioni a questo punto da dirimere: quello dei maschi proletari e quello delle femmine sottoproletarie. In prima battuta nell’ordine patriarcale i maschi proletari sono più pericolosi per le femmine proletarie dei maschi borghesi in quanto inviati come padroncini e poliziotti a loro insaputa a difesa dell’ordine patriarcale e per occultare il reale dominio del maschio borghese sull’intero universo femminile, a prescindere dalla soggettivizzazione sociale, culturale ed economica. In seconda battuta se si toglie il maschio borghese, il maschio proletario non ne difenderà più l’ordine e il potere, dunque vanno colpiti per prima coloro che apparentemente sono i meno pericolosi: i maschi borghesi.
Possiamo intervenire non solo cominciando da subito a sperimentare LA DITTATURA DELLE PROLETARIE, andando a stanare i maschi borghesi ed esercitando la violenza femminile proletaria su di loro, ma allo stesso tempo organizzando l’autodifesa per le strade e le piazze delle città e predisponendo delle misure straordinarie sulla violenza domestica dilagante dei maschi proletari finché essi non avranno alcun motivo di difendersi il ruolo di padroncini assegnato loro dai padroni reali.
Quanto alle femmine sotto-proletarie esse non vanno ritenute come in Marx, un maschio che certamente appartiene al nostra cassetta degli attrezzi ma che non è più sufficiente a sostenere la nostra teoria rivoluzionaria, come un esercito di riserva utilizzato dai maschi e dalle femmine borghesi che comandano nei ruoli assegnati dal patriarcato per ricattarci. Ma come delle alleate, forse il vero soggetto femminile rivoluzionario in tempi in cui siamo tutte non garantite, che vanno portate sulla nostra strada, favorendone, con soviet di femmine proletarie pensati appositamente, l’uscita definitiva dall’esclusione e dalla marginalizzazione, tanto nel lavoro, nel non lavoro, nelle strade che nelle carceri. La loro dannazione deve finire e finirà ad ogni costo sotto la DITTATURA DELLE PROLETARIE, ridotte a serve del patriarcato, la loro schiavitù non è volontaria ma subita con la violenza fisica e psicologica del patriarcato più feroce, non il padre-padrone, ma il padrone-pappone, il lato non paternalista del patriarcato, quello dal volto demoniaco che può essere incarnato, va detto liberandocene per sempre, anche da femmine.
La DITTATURA DELE PROLETARIE sarà organizzata attraverso soviet autogestionari. Ora che è il nostro turno, il nostro appuntamento con la Storia è questa dittatura e se si chiamerà “comunismo” o no non avrà alcuna importanza. Ciò che conterà saranno soltanto tali soviet di femmine proletarie, di femmine sotto-proletarie liberate dall’esclusione e dalla marginalizzazione e maschi proletari da noi rieducati contro il patriarcato. L’Unione Sovietica è pronta, in ordine sparso, a liberarsi di nuovo, stavolta al femminile. Il nostro modo di vivere è contrassegnato da una libertà unica e totale. Noi siamo irresistibili, sexy e rivoluzionare, non si accetteranno avances dai nazi-fascisti. Questo vuol dire che una delle nostre forme di allenamento alla violenza proletaria e femminista, detta come va detta, prevedrà dei soviet speciali molto violenti e gioiosi: I FUNNY SOVIET. Nei FUNNY SOVIET impareremo non solo la difesa ma anche l’attacco, e lo faremo divertendoci, anche coi nostri maschi proletari rieducati attraverso il nostro programma dittatoriale. Questo testo è stato scritto il 28 Aprile 2019. A ridosso dunque del giorno della Liberazione, anche qui abbiamo delle posizioni impopolari: IL 25 APRILE STA ALLA RIVOLUZIONE FEMMINISTA COME L’8 MARZO STA A UNA DONNA. NON E’ PER NOI: la nostra dittatura va costruita giorno per giorno. Non aspettiamo mimose da maschi borghesi e proletari.
La nostra teoria è avveduta, sarà all’inizio impopolare, ma solo ciò che è impopolare è il vero nemico del populismo contemporaneo e, dunque, del patriarcato e del fascismo. Non temiate di essere impopolari, siamo poche ma cattive, implacabili, senza paura e ritegno. LA SPUNTEREMO NOI FINO A VINCERE!

TUTTO IL POTERE, ECCETTO NOI STESSE, AI SOVIET DELLE FEMMINE PROLETARIE!
DISVELARE OVUNQUE LA GRANDE MENZOGNA SUL FEMMINISMO UNIVERSALE.
FUNNY SOVIET OVUNQUE: SOTTRARRE LA VIOLENZA AL MONOPOLIO DELLO STATO.

GLOSSE

I

Le femministe che più ci sono vicine, pur entusiaste del nostro programma di DITTATURA DELLE PROLETARIE, ci hanno contestato. Spronandoci a spingere ancora più avanti la nostra critica radicale, affermando che abbiamo poco sottolineato che essendo il patriarcato un prodotto storico del capitalismo occorra abbattere il capitalismo per abbattare il patriarcato. Tuttavia noi spingeremo la nostra critica radicale sì più avanti, ma in una direzione del tutto originale. Non siamo d’accordo infatti con loro su tre punti. Aspettando che si constituiscano in futuro anche loro in FUNNY SOVIET, a ogni punto dedicheremo una glossa.

Il patriarcato per il FUNNY SOVIET di ROMA è un prodotto storico senz’altro della lotta di classe (ma non del capitalismo), esso precede l’accumulazione originaria di capitale in senso stretto. Prima del primo ciclo originario di accumulazione di capitale, il patriarcato esercitava la sua feroce violenza sulle femmine utilizzando quelle della propria tribù come forza lavoro domestica gratuita (schiavitù), soggette anche in molti casi a una compravendita (merci) sia quelle sottratte alle altre tribù come equivalente generale negli scambi, trasformandole non tanto in schiave vere e proprie (merci), ma in moneta vera e propria (denaro): le femmine stesse, assieme agli armenti, erano la ricchezza del maschio. La prima accumulazione di ricchezza della storia della specie è avvenuta quando un singolo maschio ha cominciato ad accumulare più femmine in quanto merce e in quanto denaro. La femmina aveva un valore d’uso (sia il suo uso in quanto oggetto esclusivamente sessualizzato quando non era forza-lavoro riproduttrice della forza-lavoro gratuita maschile e degli stessi maschi accumulatori, sia come merce-femmina e denaro-femmina) e un valore di scambio (in quanto esclusivamente merce). Dunque o si dice che il patriarcato è un prodotto storico della prima lotta di classe (quella di genere: tra maschi e femmine) che ha prodotto a sua volta il capitalismo, oppure pensare che il patriarcato nasca con il capitalismo significa misconoscere la crescente disincarnazione della merce e del denaro dalla femmina in quanto merce e in quanto denaro e la nascita del capitalismo da questa disincarnazione con la civilizzazione della specie. Di fatto il processo fondamentale è questo: dapprima il maschio esercita il suo potere patriarcale sulle femmine trasformandone la maggior parte, non appena ne crea le condizioni storiche, in merci (schiave) e in denaro (al pari degli armenti), in un secondo momento comincia la primissima fase di accumulazione di femmine in quanto merci e in quanto denaro, in un terzo il denaro di disincarna dalla femmina e si incorpora in oggetti convenzionali come le monete, iniziando un lentissimo divenire che lo porterà fino all’attuale dematerializzazione finanziaria. Ad ogni modo la nostra teoria radicale è che il denaro in origine fossero le femmine e che quindi il patriarcato ha preceduto storicamente la nascita del capitalismo e, quindi, il primo ciclo originario di capitale ufficialmente sanzionato dalla teoria marxista (siamo d’accordo con queste compagne che Marx va superato dalla nostra prospettiva femminista).
A questo punto:
1) Le femmine borghesi in quanto parte della classe che accumula capitale, accumula “qualcosa” che in origine erano femmine-merci e femmine-denaro.
2) Le femmine borghesi sono nemiche delle femmine proletarie e sotto-proletarie dunque non per “natura”, ma perché SCELGONO più conveniente per sé stesse FAR PARTE, essendo soggettivizzate e autodeterminatesi come i primi maschi accumulatori di femmine, del patriarcato che sfrutta con questa violenza fin dalla sua nascita le femmine proletarie (merci) e sotto-proletarie (denaro).
3) Le femmine borghesi per far parte della DITTATURA DELLE PROLETARIE devono unirsi alle femmine proletarie e sotto-proletarie e rifiutarsi di continuare ad essere mezzi di riproduzione dei maschi borghesi, l’unica forma di sfruttamento che conoscono e per cui hanno una chance di salvarsi dalla violenza proletaria femminile.

II

Intanto la risposta delle femministe proletarie a noi più vicine alla GLOSSA 1 è stata questa: “C’è un equivoco. Non diciamo che necessariamente il capitalismo venga prima del patriarcato. Diciamo che il patriarcato di cui facciamo esperienza è immediatamente articolato con il capitalismo. Non si può pensare separato da esso e ha poco senso, almeno poco ci interessa, discutere se c’è prima uno o l’altro. È esattamente la lotta delle femmine proletarie e più complessivamente le lotte sul terreno della riproduzione (rigenerativa e di cura) che definiscono le gerarchie che chiamiamo patriarcato. Non ci piace l’idea che la femmina sia concepita esclusivamente come merce o denaro. Non solo merce o denaro quantomeno. La soggettivizzazione non può che essere aperta anche al suo rovescio (è il carattere non naturale e storico della specie umana). La donna diventa merce dentro processi di sfruttamento non per sua natura. Al contrario si tratta di sottrazione della sua forza in quanto soggettività. Il vostro ragionamento ci interessa molto, ma lascia l’idea della femmina come vittima”.

Se è stata accolta la nostra teoria per cui il patriarcato precede il capitalismo le nostre compagne più vicine ci contestano tuttavia che questa argomentazione non ha OGGI alcuna importanza perché patriarcato e capitalismo sarebbero articolati in un unico e stesso sistema di sfruttamento delle femmine proletarie e sotto-proletarie. Invece, a nostro avviso, dispiegare il processo storico di disincarnazione della ricchezza materiale a partire dalle femmine-merci (proletarie) e dalle femmine-denaro (sotto-proletarie) prima della civilizzazione della specie, come abbiamo fatto nella GLOSSA 1, ci permette di chiarire ulteriormente lo sfruttamento esercitato OGGI dalle femmine borghesi su di noi, uno sfruttamento apparentemente invisibile. Si tratta, inoltre, di andare all’origine del feticismo delle merci, in un modo che Marx non aveva previsto, prendendo il feticismo delle merci esclusivamente come il risultato del lavoro combinato delle proletarie che si autonomizza da loro in quanto lavoratrici (produttrici e riproduttrici) e si ripresenta loro come una potenza di seduzione che le domina. Questa analisi non basta, il feticismo si è incorporato nelle merci anche perché queste in origine erano femmine-merci, la questione sarà elaborata ulteriormente nella PARTE III. La nostra insistenza sul capitalismo come prodotto storico e non naturale del patriarcato e sul fatto che la prima lotta di classe sia stata quella di genere, tra femmine e maschi, significa anche che seppur OGGI patriarcato e capitalismo siano articolati assieme, non significa, ad esempio, che se il secondo fosse abbattuto da maschi proletari il primo cesserebbe di esistere. Per abbattere il patriarcato non basta la rivoluzione proletaria contro il capitalismo, occorre anche che questa rivoluzione sia portata avanti con la DITTATURA DELLE PROLETARIE, che sia condotta e comandata dalle femmine proletarie perché non si riproduca un patriarcato burocratico dei maschi proletari come nel caso dei comunismi storici. Inoltre insistere OGGI, esclusivamente sulle lotte a partire dal terreno rigenerativo e di cura delle proletarie, significa disconoscere che si tratta di un ruolo storicamente determinato, con cui esse hanno potuto rovesciare in taluni casi il loro sfruttamento in un esercizio del loro potere sui maschi borghesi e proletari, per così dire, “segreto” e “clandestino”, ma che non deve diventare assolutamente un attributo naturale delle femmine in sé e per sé. Se le femmine borghesi conoscono come unica forma di sfruttamento da parte del patriarcato l’essere ridotte a “mezzi di riproduzione e di cura” dei maschi borghesi, le femmine proletarie non sono mezzi di riproduzione e di cura, sono “forza lavoro che riproduce e ha cura” dei maschi borghesi e proletari. Tuttavia, riproduzione e attività di cura non hanno nulla a che fare con l’ “eterno femminino”, là ci sfruttano, là proviamo e abbiamo provato per millenni a rovesciare lo sfruttamento in potere clandestino. Ma compagne! Possiamo ancora accontentarci di questo miserabile potere? NOI VOGLIAMO TUTTO IL POTERE E LO VOGLIAMO A VOLTO SCOPERTO. Così come nel lavoro va sganciata la prestazione dal reddito attraverso l’avanzamento della tecnica, perché noi come chiariremo NON SIAMO LAVORISTE, così tale avanzamento, con l’estinzione stessa della famiglia, sgancia la femmina proletaria per la prima volta anche del suo ruolo forzato di forza-lavoro riproduttrice, terreno dove tutto lo sfruttamento patriarcale ha giocato gran parte delle sua violenza. Riprodurre, il come riprodurre, non riprodurre affatto sarà solo una scelta della femmina proletaria così come l’aborto. Inoltre l’attività di cura non sarà più demandata alle femmine proletarie, ma sarà un’attività libera e SCELTA come un’altra di cui riteniamo, ad ogni modo, le femmine proletarie possano liberarsi e di cui debbano da questo momento in poi occuparsi soprattutto i maschi proletari, per lasciarci maggior tempo libero. Ci sembra di aver chiarito a sufficienza, non tanto nella glossa 1, ma nella PRIMA E SECONDA PARTE de “LA DITTATURA DELLE PROLETARIE” che non c’è proprio niente di naturale nella condizione subordinata delle femmine proletarie e sottoproletarie. Siamo ricorsi sia al materialismo storico sia alla teoria gender che ci sembrano assieme poter essere utili per disvelare la grande menzogna del femminismo universale. Accogliamo invece la critica per cui avremmo poco insistito sulla soggettività INSORGENTE femminile proletaria, cosa che può far venire il dubbio di un nostro vittimismo, mentre noi PRETENDIAMO TUTTO e riteniamo che senza teoria, la prassi è nulla e il lamento è inutile. SIAMO CONTRO OGNI FORMA DI VITTIMISMO altrimenti non insisteremmo sul passaggio dall’auto-difesa all’attacco violento. Se non siamo state sufficientemente chiare, ciò è dovuto al fatto che abbiamo in mente di scrivere altre 4 PARTI del nostro saggio per cui molte questioni non sono state ancora affrontate e chiarite. Tra cui:

1) IL CONFLITTO TRA SOGGETTIVIZZAZIONE (identità assegnate con la violenza fisica e psicologica dal patriarcato) E AUTODETERMINAZIONE (soggettività INSORGENTE) della femmina proletaria. Per chiarire che non è stato il presunto avanzamento del patriarcato a lasciarci spazi di manovra sempre più ampi, che il patriarcato non concede nulla e tutto quello che abbiamo conquistato è stato il risultato della NOSTRA GUERRA DI CLASSE FEMMINISTA.
2) IL RAPPORTO TRA DITTATURA DELLE PROLETARIE E MOVIMENTO LGBTQI+, in quanto riteniamo che tale movimento sia parte della nostra rivoluzione contro il patriarcato, ma che vadano fatte delle critiche esclusivamente agli aspetti borghesi di tale movimento che nella maggior parte dei casi non si pone sul piano DELLA GUERRA DI CLASSE FEMMINISTA.
3) Il problema dell’UNITA’ DELLE FEMMINE PROLETARIE E SOTTOPROLETARIE ora divise dal patriarcato e portate a massacrarsi tra loro.
4) L’ESPROPRIO DELLA RICCHEZZA dei maschi e delle femmine borghesi, NUOVE FORME DI ORGANIZZAZIONE SOVIETICHE al FEMMINILE che non riproducano una vita associata fondata sul lavoro. L’OBBIETTIVO ULTIMO DELLE FEMMINE PROLETARIE è, CON IL SUPERAMENTO DEL CAPITALISMO E DEL PATRIARCATO, L’AUTONEGAZIONE IN QUANTO FEMMINE PROLETARIE E DIVENTARE CIO’ CHE CIASCUNA DI NOI VORRA’ IN TUTTA LIBERTA’.
5) La questione del razzismo e della schiavitù maschile ALL’INTERNO DEL NOSTRO PROGRAMMA.

III

Siamo in ascolto delle critiche delle compagne proletarie più avvedute. In questa glossa risponderemo punto per punto per cercare di fugare qualsiasi loro dubbio. Lasciando alle PARTI III-VI il dispiegamento completo del nostro programma.

“Una considerazione di fondo: intravediamo un velo di essenzialismo (smentiteci se sbagliamo): una fiducia incondizionata nel potenziale sovversivo del femminile proletario. All’essenza (come spiegazione dei fatti sociali) preferiamo sempre l’esperienza storica, alla natura i rapporti di sfruttamento”.

Compagne! Abbiamo insistito molto sia sul fatto che il patriarcato sia un prodotto storico, quindi di una guerra di classe tra femmine e maschi, sia che il capitalismo sia un prodotto storico del patriarcato. Quando diciamo prodotto storico, parliamo di violenti rapporti di forza tra maschi e femmine e non di rapporti di forza biologicamente stabiliti, ma di rapporti in un cui, ad esempio, la “debolezza” femminile è stata costruita socialmente da un tipico complotto di guerra dei maschi in vista della trasformazione storica delle femmine proletarie e sottoproletarie in merci e denaro per poterci sfruttare nel modo più laido possibile: la nostra accumulazione. Se c’è un essenzialismo è quello biologico che non ci appartiene in alcun modo, se intendete per essenzialismo invece il fatto che puntiamo tutto sulla soggettività INSORGENTE e rivoluzionaria delle femmine proletarie e chiamate la soggettività “essenzialismo”, sappiate che anche qui siamo state caute più del dovuto, più di quanto ci richiederebbe una teoria rivoluzionaria all’altezza dei tempi. Tuttavia preferiamo essere complicate e impopolari per ora e abbiamo chiarito anche questo punto, insistendo sul conflitto tra soggettivizzazione e autodeterminazione. Diversamente dalla vulgata corrente non riteniamo che basti autodeterminarsi in quanto femmine proletarie rivoluzionarie, che il potere patriarcale ti soggettivizza continuamente secondo i suoi rapporti di forza dominanti. Diversamente dalla teoria gender più superficiale riteniamo che non basta togliersi dalla testa il patriarcato per DIVENTARE CIO’ CHE SI VUOLE e sconfiggerlo con questi facili escamotage, ma che occorre combattere questo conflitto, il cui vero terreno della guerra di classe è lo scontro in campo aperto contro i maschi tout court e le femmine borghesi, nei rapporti di produzione, riproduzione e non-produzione.

“Nei rapporti di sfruttamento va collocato secondo noi il potere sovversivo di chicchessia, femministe proletarie comprese. E poi… sembra che stiate parlando di un mondo a compartimenti stagni, essenzializzato: maschi che fanno lavoro di produzione e femmine che fanno lavoro di riproduzione. Non è questa la nostra realtà. Produzione e riproduzione oggi rimandano sempre più spesso a un unico soggetto, lo chiamiamo ‘doppio sfruttamento’”.

Se è vero quello che sostenete qualsiasi rapporto di sfruttamento produrrebbe immediatamente potere sovversivo e non è affatto così, ci sembra una semplificazione compagne! E lo dimostra quel “chicchessia” che non ci piace affatto. Noi non vogliamo “chicchessia” tra i piedi. Non tutte le proletarie catturate dentro rapporti di sfruttamento divengono potenti e sovversive al punto di SCEGLIERE di rovesciare il patriarcato e il capitalismo, anzi è il contrario, molte proletarie divengono naziste, fasciste, populiste, sovraniste… chiamate questo potere sovversivo? Crediamo proprio di no. Ecco sostenere che un rapporto di sfruttamento produca immediatamente potere sovversivo è questo sì un “essenzialismo” che non trova riscontro nella nostra vita quotidiana. Il rapporto di sfruttamento è la condizione, tuttavia la liberazione da esso non basta, si tratterebbe in questo caso ancora di un’ideologia emancipatrice che abbiamo superato da tempo. Il patriarcato soggettivizza nella maggior parte dei casi le proletarie nei rapporti di sfruttamento in identità che non hanno nulla di sovversivo, dunque si tratta di riprendere l’idea di coscienza rivoluzionaria proletaria femminile, della soggettività rivoluzionaria e sovversiva delle proletarie che non è esclusivamente il prodotto dei rapporti di sfruttamento, ma anche della sperimentazione di rapporti sociali in cui LA DITTATURA DELLE PROLETARIE produce e ripoduce soggetto femminile cosciente sovversivo e può lavorare all’unità delle FEMMINE PROLETARIE, sottraendole dalla soggettivizzazione, seduzione, fascinazione delle ideologie borghesi maschili e femminili. Voi, inoltre, decontestualizzate la nostra teoria che è dialettica e materialista. Non abbiamo ignorato il “doppio sfruttamento”, sì abbiamo scritto in un passaggio nel quale abbiamo affermato che le femmine proletarie sono forza lavoro che riproduce e ha cura, ma soltanto per spiegare la differenza dalle femmine borghesi che invece sono diversamente “mezzi di riproduzione e cura”. Pensate davvero che sottovalutiamo che le femmine proletarie producono e riproducono e sono sfruttate due volte? Piuttosto la nostra teoria ANTI-LAVORISTA ci porta a pensare OGGI che la conquista delle femmine proletarie del lavoro, sia al pari del divenire poliziotte o militari, una via per l’emancipazione che non ci deve appartenere più. Noi non siamo per l’emancipazione delle femmine proletarie ma PER IL LORO INCONDIZIONATO POTERE SU TUTTA LA VITA ASSOCIATA. Quindi non lasceremo ai maschi proletari le lotte contro il lavoro, per dannarci noi. Il lavoro è una dannazione non una conquista, DOBBIAMO LIBERARCENE SE VOGLIAMO ESSERE LIBERE, in quanto esso non è che un modo di catturarci dentro rapporti di sfruttamento che oggi non producono nemmeno più coscienza rivoluzionaria, ma servitù volontaria. Quanto all’attività di riproduzione e di cura… con l’avanzamento della tecnica le femmine proletarie possono e devono sganciarsi anche dall’essere forza lavoro di riproduzione e, con l’estinzione della famiglia, demandare la cura a SOVIET pensati appositamente. Perché ricordiamoci che la cura sta alla riproduzione come la circolazione sta alla produzione. Se un prodotto diventa merce esclusivamente nella circolazione, una femmina è forza lavoro di riproduzione ma la creatura riprodotta diventa tale solo nella cura. Dunque, a nostro avviso, la cura non deve essere più attributo della femmina, e dobbiamo finirla di tenerci strette queste prerogative che possiamo demandare finalmente AI SOVIET e ai maschi proletari. AD OGNI MODO OGNI FEMMINA PROLETARIA DEVE POTER SCEGLIERE COME MEGLIO CREDE IN QUESTO CAMPO IN QUANTO IL CORPO E’ IL SUO.

“’’Là ci sfruttano là proviamo a rovesciare lo sfruttamento’ scrivete. La metteremmo in altro modo: Ci sfruttano esattamente dove è necessario al capitale catturare la nostra ricchezza soggettiva, la nostra potenza sovversiva. Prima la lotta (la nostra, quelle delle femmine lungo la linea di classe) poi il capitale, lo abbiamo imparato dal marxismo che rompe con Marx. Non ci interessa rovesciare lo sfruttamento in potere clandestino. La nostra potenza non ha nulla di clandestino al contrario sta lì manifesta e orgogliosa a indicare la ragione del nostro sfruttamento. Il nostro potere non è clandestino ma esplicitamente segnato dalla sottrazione e dal rifiuto. Sottrazione e rifiuto sono veicolo di cambiamento, di un cambiamento radicale che rompe la logica discorsiva e di potere del capitale, e proprio per questo rivoluzionari. Ci sottraiamo dalla relazione di capitale, non ne riconosciamo potere e legittimità. Altro che potere clandestino… questo è esercizio esplicito della forza! Devo forse ricordarvi che l’organizzazione fordista della produzione è entrata in crisi anche, e forse soprattutto, per la lotta delle donne dentro e fuori le famiglie?”

Prima ci criticate perché non evidenzieremmo sufficientemente che il potere sovversivo è, per così, dire, immanente ai rapporti di sfruttamento e che insistendo sulla soggettività INSORGENTE rischieremmo una forma di essenzialismo. Poi commettete voi questo errore. Non vi è una ricchezza soggettiva delle femmine proletarie che precederebbe i rapporti di sfruttamento, come abbiamo detto vi è un conflitto tra soggettivizzazione e autodeteterminazione, quindi la soggettività femminile è un prodotto storico. Non ci convince inoltre affatto il discorso sulla “sottrazione” e il “rifiuto” come termini che sostituirebbero “segreto” e “ clandestino” e ci restituirebbero “l’orgoglio” della guerra di classe FEMMINISTA E PROLETARIA. Sapete benissimo che da millenni le femmine proletarie hanno dovuto ripiegare su UN POTERE NON DI ATTACCO DIRETTO e se non segreto e clandestino, ad ogni modo SOTTERRANEO, come ad esempio nelle arti magiche nere e nei saperi esperti che i maschi sottovalutavano. Dovete specificare dunque a quale PERIODO STORICO VI RIFERITE. Se vi riferite alla lenta nascita del movimento femminista siamo d’accordo, ma se vi riferite all’esercizio del POTERE FEMMINILE E PROLETARIO prima di tale movimento no. Inoltre mettete da parte “l’orgoglio” che va tanto di moda in questo fase delle lotte, sottoprodotto dell’identità femminile umiliata sotto il patriarcato: è il rovesciamento di uno stigma questo sì vittimista e auto-avvilente. NOI SIAMO FIERE e non orgogliose, ANDIAMO A TESTA ALTA perché consapevoli della nostra irriducibilità non tanto perché EMANCIPATE, non tanto perché ci SOTTRAIAMO E RIFIUTIAMO IL CAPITALE; ma perché LO COMBATTIAMO e COMBATTENDOLO siamo oltre. NON VOGLIAMO LA POTENZA rivoluzionaria, che resta sempre ineffettuale. PRETENDIAMO TUTTO IL POTERE PER NOI. Il nostro programma è per l’attacco diretto e non solo per l’auto-difesa. IL CAPITALISMO VA ABBATTUTTO DA NOI ed è solo una piccola consolazione IL SOTTRARSI E IL RIFIUTARE, seppure siano i primi passi da compiere per qualsiasi rivoluzionaria proletaria. Inoltre gioite che le femmine proletarie abbiano messo in crisi fuori e dentro le famiglie l’organizzazione fordista del lavoro e non vi accorgete che lo sfruttamento delle proletarie di oggi è ancora più feroce sotto l’organizzazione del lavoro che è seguito al fordismo. DIVIDENDOCI TERRITORIALMENTE E CONTRATTUALMENTE, mettendoci le une contro e altre. COMPAGNE! C’è ancora molto lavoro da fare. TUTTO IL POTERE ALLE FEMMINE PROLETARIE. Ci si adoperi fin d’ora ALLA NOSTRA DITTATURA.

FUNNY SOVIET DI ROMA