L’Associazione Psicogeografica Romana si è incontrata tra le 10.30 e 10.45 con gli studenti della VIU e dello IUAV davanti al bacaro “La Rivetta” in calle Sechera. Si tratta, la mattina, di un eccellente luogo dove realizzare micro-derive statiche per osservare i passanti che vengono dalla o vanno alla stazione ferroviaria e gli studenti che s’incontrano. Una volta raggiunto un numero sufficiente per creare tre équipe psicogeografiche composte di tre o quattro camminatori (The Outsiders, I Fantastici 4, The Walkers), la deriva è iniziata.

Foto di Mersida Ndrevataj

foto di Mersida Ndrevataj

L’Associazione Psicogeografica Romana si è incontrata tra le 10.30 e 10.45 con gli studenti della VIU e dello IUAV davanti al bacaro “La Rivetta” in calle Sechera. Si tratta, la mattina, di un eccellente luogo dove realizzare micro-derive statiche per osservare i passanti che vengono dalla o vanno alla stazione ferroviaria e gli studenti che s’incontrano. Una volta raggiunto un numero sufficiente per creare tre équipe psicogeografiche composte di tre o quattro camminatori (The Outsiders, I Fantastici 4, The Walkers), la deriva è iniziata. Essa è stata spaesante e guidata, quindi simulata, in quanto gli studenti sono stati portati a ripercorrere, seppur con alcuni accorgimenti (scelta sistematica di calli strette per raggiungere i campi), luoghi già lungamente percorsi nella loro vita quotidiana. La strategia psicogeografica delle guide è stata quella di lasciarli prendere appunti per cercare di far veder loro questi luoghi con una emozionalità diversa dall’ordinaria. L’invito era a considerare non tanto le architetture ma lo spazio come insieme unitario, dunque l’interazione tra diversi aspetti: dalla densità dei passanti presenti a quell’ora nelle calli e nei campi alla luminosità, dai dettagli presenti nelle mura (scritte, tags, stickers, etc.) al paesaggio sonoro, tutto ciò che rende uno spazio vissuto era l’obiettivo di questa deriva. Per farlo si era chiesto di spegnere qualsiasi dispositivo mobile, ad eccezione di uno soltanto che avrebbe dovuto documentare l’evento, di portare una scatola di pennarelli, una mappa turistica di Venezia e un quaderno per gli appunti. La deriva avrebbe previsto 6 soste dopo aver attraversato 6 unità d’ambiance [vedi testo lecture], ad ogni sosta si sarebbero invitati gli studenti a confrontarsi sugli appunti e le emozioni percepite e comunicare una ed una sola emozione dominante dello spazio percorso attraverso un colore. Prima della partenza della deriva gli studenti erano stati istruiti su un codice emozionale di colori: 1) blu per la tristezza e la malinconia; 2) viola per l’agitazione, l’irritazione, l’ansia e la preoccupazione; 3) giallo per lo strano e il bizzarro 4) grigio per la presenza di un trauma del territorio (assenza di emozione) 5) verde per la serenità e la calma; 6) rosso per l’amore; 7) nero per la passione e l’eccitazione; 8) arancione per l’allegria 9) rosa per la felicità e la gioia.

Da Calle Sechera abbiamo scelto di seguire il flusso emozionale più triviale quello per Corte Canal, attraversare Fondamenta Rio Marin, attraversare il Ponte del Cristo e arrivare a Campiello delle Strope. A questo punto, attraverso una deriva spaesante, andando spesso controcorrente rispetto alle forze di attrazionale passionale degli studenti, abbiamo fatto in modo che questi dopo 20 minuti circa e un attraversamento di Campo S. Giacomo All’Orio non si accorgessero che la camminata fosse circolare fino a tornare al Campiello delle Strope. La prima sosta è stata prevista all’Archivio di Stato (Rio Terà S. Tomà), un luogo che presenta sintomi traumatici ma non privo di emozioni del tutto, comunque molto negative. Il passaggio da un’unità d’ambiance all’altra è avvenuto in questo luogo che non corrispondeva a ciò che si poteva ritrovare razionalmente nella mappa. In questa prima sosta, i primi risultati sono stati sorprendenti. Le tre équipe dopo essersi scambiate i loro appunti e le loro emozioni percepite hanno comunicato tre sensibilità completamente diverse. Le emozioni dominanti percepite da ogni équipe per l’unità d’ambiance attraversata erano diverse e non congruenti tra loro. Questo fatto empirico pone le basi per decostruire la teoria della fenomenologia delle ambiance secondo la quale ciascuno davanti a un’ambiance precisa avrebbe dovuto avvertirla allo stesso modo. In seguito, la deriva è divenuta maggiormente razionale e lucida, in particolare da Ponte dei Frari fino al Campiello degli Squellini, una piccola unità d’ambiance lungo la quale gli studenti hanno attraversato luoghi già ampiamente percorsi trattandosi di itinerari studenteschi, ma il tratto breve e l’invito a camminare frettolosamente come impone la psicogeografia delle origini non ha dato loro il tempo né di spaesarsi né di perdersi. Anche in questa seconda sosta i risultati della deriva erano non congruenti tra loro. La mattinata passava lentamente e le calli e i campi intanto si riempivano di veneziani ma soprattutto di turisti e le ambiance in generale cambiavano, rendendo più scioccante e faticosa la deriva. Uno dei propositi della deriva era anche quello di prestare attenzione all’interazione coi passanti, ma gli studenti hanno sottovalutato questo aspetto fino a che la deriva non è divenuta casuale e l’urto con il prossimo è diventato impossibile da evitare. Dal Campiello degli Squellini la deriva è proseguita verso il Campo dei Carmini e da qui si è arrivati a percorrere una ley line, una forte linea “energetica” che attraeva il cammino e lo portava fuori strada, lungo Fondamenta Briati e Fondamenta Barbarigo. Si è trattato anche in questo caso di deriva lucida. A questo punto la deriva che doveva durare due ore, e che si era prolungata oltre, cominciava a mettere alla prova gli studenti meno preparati alle lunghe camminate, la temperatura si era alzata, il sole picchiava e molti di loro cominciavano a cedere sotto i colpi degli choc previsti dalla pratica psicogeografica originaria. Dopo una sosta in un libreria piena di materiali d’epoca, musicali, politici ed erotici, la fame cominciava ad incalzare e si è fatta una sosta imprevista nel primo bar incontrato vicino alla terza sosta in un piccolo spazio verde davanti Calle Riello dove vi è un’accademia militare. Da questo punto in poi, la deriva ha iniziato a disgregarsi, soprattutto a causa del sovraccarico di note e appunti che si volevano prendere e perché gli studenti hanno cominciato a procedere a mo’ di passeggiata, mentre la deriva si stava rivelando diversa dalla comoda camminata che si sarebbero aspettati. Anche qui si è dimostrata una mancata convergenza di percezione dell’unità d’ambiance attraversata da parte delle équipe. Dal piccolo spazio verde si sono attraversati degli spazi psicogeografici molto pregnanti poiché hanno portato le équipe su un confine della laguna in cui vi era asfalto come pavimentazione, automobili, grandi navi e all’orizzonte gru dappertutto. In seguito si è attraversato in linea retta le Fondamenta Zattera al Ponte Lungo fino a una svolta a destra improvvisata. A questo punto, scegliendo di far saltare l’itinerario trascritto, la deriva è divenuta puramente casuale (almeno per gli studenti), mentre più il tempo passava più Venezia si riempiva di turisti. Per il momento tutto era sotto controllo da parte delle guide nonostante l’improvvisazione e si è deciso di perimetrare parte dell’unità d’ambiance fino alla quarta sosta, il Ponte dell’Accademia. Qui gli studenti erano davvero spossati, e nostro obiettivo è stato osservare quanti di loro ce l’avrebbero fatta in una reale deriva, la cui durata di cinque ore non è nulla essendo suo requisito non fermarsi mai anche per mesi. L’individuazione delle emozioni dominanti delle unità d’ambiance era completamente saltata, la stanchezza quando non è arrivata a un punto limite ma è ancora nel mezzo del guado, come direbbe Handke, rende gli individui chiusi in se stessi e incapaci di aprirsi al mondo esterno. A questo punto, come previsto, la loro capacità di percepire le ambiance era venuta meno. Nel tentativo di raggiungere Campo San Luca, la quinta sosta, senza dispositivi mobili, la deriva è diventata del tutto casuale anche per le guide, un’immersione profonda nella folla e nella zona più commerciale della città. La quinta sosta è saltata volutamente, mentre lo scopo era diventato raggiungere Cannaregio, non prima di aver fatto fare l’esperienza immersiva della folla più compatta in calli relativamente strette piene di negozi cinesi tutti uguali o con brand multinazionali. Ogni tanto, alla linea immaginaria che si seguiva per raggiungere Cannaregio le guide improvvisavano ulteriori svolte per allungare il cammino, le cosiddette “allungatoie”, per rendere ancor più scioccante l’esperienza e perdersi qualcuno. Chi si perdeva avrebbe conquistato un’esperienza tutt’altro che priva di interesse scientifico, portato a ritrovare la propria équipe o a cercare di tornare da solo sui propri passi per la via più breve. Ma più di così non si poteva fare e le équipe si erano disgregate creando un solo gruppo psicogeografico di “sopravvissuti”. Infine, abbassata la vigilanza razionale sulla deriva, ed essendoci fatti trasportare dalle forze di attrazione, sia quelle del potere sia quelle passionali, a seconda delle decisioni delle guide, si è raggiunto Campo S.S. Apostoli. Si è scelta questa come ultima sosta perché gli studenti davano evidenti segni di delirio, estasi o irritazione, non perché fosse la sosta finale prevista. Ad ogni modo all’ombra del grande albero al centro del Campo, in un angolo, si è fatto il punto della situazione.

Con Luca Pes della VIU e gli studenti rimasti si è convenuto che solo con una grande convergenza culturale e socio-geografica fosse possibile arrivare a percepire le unità d’ambiance allo stesso modo da parte di individui diversi. Che un’università come la VIU che accoglie studenti da tutto il mondo non poteva che confermare la tesi dell’APR, ovvero che le unità d’ambiance sono una realtà intersoggettiva. Infatti, solo all’interno delle équipe si davano emozioni unitarie e solo dopo uno scambio di opinioni, mentre tra le équipe non vi era alcuna convergenza. Inoltre, scherzando con Guido Borelli si è convenuti precedentemente che gli studenti che vogliono studiare il territorio dovrebbero imparare a camminare oltre che a studiare sui libri e a fare ricerca sul campo, che le due cose non sono poi così lontane e anzi la prima gioverebbe alla seconda. La deriva è stata un successo perché siamo riusciti a far realizzare a degli studenti una deriva reale, con lo spirito delle origini, non accademica, senza orari prestabiliti pur avendone comunicato uno fittizio, mettendone alla prova il coraggio e la capacità di andare oltre la stanchezza, finché essa non si rovescia in curiosità per l’alterità e l’altrove che è il più genuino proposito della deriva psicogeografica.  

Collage di Mersida Ndrevataj