Vi sono molti modi di intendere la compresenza a partire dal tipo di contesto, di relazioni e di spazi che si desidera prendere in considerazione. Uno di questi riguarda lo spazio pubblico, uno spazio cui a tutti dovrebbe essere garantita la possibilità, per dirla con Carlo Michaelstaedter, dell’“essere presente” persuaso, ovvero di avere il possesso presente della propria vita. Tuttavia nella città contemporanea la persuasione è illusoria (Michaelstadter, 1982), la presenza di
ciascuno nega implicitamente quella dell’Altro. Tale negazione avviene per via della caduta dei luoghi comuni. La compresenza nello spazio pubblico è caratterizzata da un conflitto tacito e a bassa intensità, in cui la negatività è volontariamente rimossa (Han, 2016) pur facendo vibrare tutti, non violento nei fatti pur essendo violento nella sua tormentata inclusività: in questo senso la parola “compresenza” senza individui persuasi applicata allo spazio pubblico è “ipocrita”.

crisi della compresenza

Vi sono molti modi di intendere la compresenza a partire dal tipo di contesto, di relazioni e di spazi che si desidera prendere in considerazione. Uno di questi riguarda lo spazio pubblico, uno spazio cui a tutti dovrebbe essere garantita la possibilità, per dirla con Carlo Michaelstaedter, dell’“essere presente” persuaso, ovvero di avere il possesso presente della propria vita. Tuttavia nella città contemporanea la persuasione è illusoria (Michaelstadter, 1982), la presenza di ciascuno nega implicitamente quella dell’Altro. Tale negazione avviene per via della caduta dei luoghi comuni. La compresenza nello spazio pubblico è caratterizzata da un conflitto tacito e a bassa intensità, in cui la negatività è volontariamente rimossa (Han, 2016) pur facendo vibrare tutti, non violento nei fatti pur essendo violento nella sua tormentata inclusività: in questo senso la parola “compresenza” senza individui persuasi applicata allo spazio pubblico è “ipocrita”.
Nella compresenza, il conflitto non esplode mai collettivamente ma si limita ad essere interiorizzato e autogestito individualmente (Garnier, 2016) in funzione di una calma apparente generalizzata. L’esperienza della co-locuzione implicita nella compresenza tra sconosciuti, ad esempio, in una piazza o in un corso è un gioco a buon viso ma cattivo, preso tra competizione e cooperazione, che utilizza gesti, discorsi, corpi e traiettorie. Perché si preferisce questa repressione autogestita e implosiva di ciascuno che nell’insieme produce una certa prevedibilità della vita quotidiana al conflitto aperto e all’espressione di sé in tutta libertà delle proprie idiosincrasie nello spazio pubblico?
Senza ricorrere all’ipotesi plausibile della guerra civile, il motivo è che tale repressione autogestita e implosiva di ciascuno se fuori controllo potrebbe condurre a quella che De Martino chiama “crisi della presenza” (De Martino, 2002). Se nelle società rurali del Sud De Martino individuava i rituali che permettevano di ripristinare la presenza della persona che si era “spaesata” dai propri simili, la crisi della presenza oggi è colpevolizzata perché se non lo fosse nessuno si sforzerebbe di autogestire al meglio il conflitto interiorizzato e rischierebbe di esteriorizzarlo. L’“essere presente” avviene sempre al presente e senza ricorrere alla reinterpretazione di Aldo Capitini di Carlo Michaelstaedter (Tortoreto, 2015), anzi restandone volutamente lontani, riteniamo che l’essere presenti richieda il “coraggio dell’impossibile”. Senza tale coraggio il sistema che permette l’autogestione e il contenimento del conflitto sociale individuo per
individuo nello spazio pubblico finisce nella persuasione illusoria sempre a rischio di una “crisi della compresenza”, ovvero di una situazione in cui non è possibile crisi della presenza individuale senza essere colpevolizzati e che se generalizzato rischierebbe di far implodere con sé anche lo spazio pubblico. Liberarsi dalla colpevolizzazione è, per dirla con Bianchetti, recuperare una micro-sovranità, una capacità d’azione, potere e decisione sul quotidiano (Bianchetti, 2015).

Bibliografia essenziale

Bianchetti C. (2015). Individui, scenari molecolari, piccole cerchie. In Becchi A., Bianchetti, C., Ceccarelli, P., Indovina, F. (2015). La città del XX secolo. Ragionando con Bernardo Secchi. Milano: Franco Angeli.

De Martino E. (2001). Sud e magia. Milano: Feltrinelli.

Garnier J.-P., (2016). Architettura e anarchia. Un binomio impossibile.
Torino: Nautilus.

Han B.-C., Psicopolitica. Roma: Nottetempo.

Michaelstaedter C., (1982). La persuasione e la rettorica. Milano: Adelphi.

Tortoreto A. (2005). La filosofia di Aldo Capitini. Dalla compresenza alla società aperta. Firenze: Clinamen.