Con questo post invitiamo a leggere il saggio “The atmospheric ‘skin’ of the city” di Tonino Griffero, dove il filosofo applica la sua atmosferologia alla città. Il risultato è molto interessante, tuttavia è necessario fare alcune considerazioni laddove cita il nostro manuale di psicogeografia. 

Nelle conclusioni del saggio di Griffero si legge la seguente affermazione: “Situationist drifts, for instance, are not necessarily more atmospheric than flânerie, unjustly thought of (politically) as a nefarious form of identity rootedness (idiocy) and defence of the existent (Vazquez, 2010, p. 188, 87). The mere playful passing by, that tests ‘the soundscape, lighting, climate, conversations, encounters, tastes (the right spirits) and smells, good or bad’, that promotes the improper use of spaces, exploits meetings with the right people (!) and even the superior sensitivity to atmosphere of temporary workers (!) (Vazquez, 2010, p. 73, 164, 163, 154-155), does not offer anything more or better than simply strolling and (so very bourgeois!) living”. Noi non abbiamo mai scritto che una deriva psicogeografica sia più atmosferica della flânerie, sosteniamo che la flânerie, per averla praticata, oggi nella città compatta sia impossibile (per i motivi rimandiamo al capitolo del Manuale di Psicogeografia “La psicogeografia non è flânerie”). Inoltre ciò che consideriamo identitario (idiota) e che produce atteggiamenti a difesa dell’esistente è il radicamento territoriale generato dalla proprietà dell’abitazione, questo discorso non c’entra nulla con la flânerie. Ancora, come abbiamo già spiegato da più parti, per quanto sia passato nel momento divulgativo della teoria situazionista che i lettristi ritenessero l’architettura la variabile fondamentale per la percezione di un’ambiance, nei soli tre report che ci sono giunti si evince che essi davano molta più importanza alle anomalie della co-locuzione tra passanti. Per questo ritenevano gli incontri un momento fondamentale nella generazione di un’ambiance ed è per questo che scrivevano di “persone giuste” con le quali intrattenersi. Se cerchi ambiance che esprimano gioco, passione libertina e ateismo non ti metti a passeggiare con un militante di Militia Christi. Griffero continua a considerare la percezione delle ambiance una sintesi passiva pre-soggettiva e l’ambiance relativamente oggettiva o una “quasi-cosa” non tenendo in alcuna considerazione le ambiance esperite da un soggetto collettivo, da un’équipe o, più semplicemente, da un gruppo di amici, dove saltano fuori contraddizioni interessanti: per l’uno l’ambiance è deprimente, per l’altro eccitante, per un terzo fastidiosa, per un quarto noiosa. Gli stessi spazi, le stesse architetture, producono stati d’animo diversi in individui o gruppi sociali diversi. Le ambiance quando sono esperite allo stesso modo da più individui non sono, a nostro avviso il prodotto “quasi-cosale” di una percezione pre-soggettiva, ma sempre il prodotto di una percezione intersoggettiva, di un accordo inter-individuale, anche qualora si esperiscano in solitudine. Come scrive Koolhaas a proposito della “città generica”: “Ad A i complessi residenziali a torri portano al suicidio, a B alla felicità duratura. A C sono considerati come il primo gradino verso l’emancipazione (sia pure al prezzo di una certa ‘costrizione’). A D come semplicemente superati”. Poi, le categorie di tempo libero e tempo di lavoro nella società liquida e del rischio sfumano e le strategie di mobilità e uso degli spazi urbani che dipendevano da questa organizzazione del tempo sono cambiate. Non esiste, ad esempio, per i precari il tempo libero concepito come parte del tempo di vita organizzato secondo le tre otto: otto ore di sonno, otto ore di lavoro e otto ore di tempo libero. Il lavoro precario richiede reperibilità e disponibilità in ogni momento della giornata per attivarsi per richieste di lavoro, condizione che non permette di abbandonarsi alla fantasmagoria della città e allo stato trasognato del flâneur. Tuttavia,  se i precari sono i nuovi oppressi, se esperiscono il tempo in modo del tutto diverso dagli altri abitanti che lavorano a tempo indeterminato, allora non dovrebbe essere una sorpresa che siano portati a esperire lo spazio e le relative atmosfere in modo del tutto originale. Infine, quella di Griffero è una “filosofia della prima impressione”, per Griffero il modo migliore di percepire un’ambiance è dar credito alla prima impressione senza tener nel giusto conto che i sensi il più delle volte vengono ingannati, invece noi riteniamo che tale percezione funzioni come nel gioco dell’occhio magico, se c’è un paesaggio non lo vedi se non resti in attesa e non affini i sensi. Purtroppo ai civilizzati non è dato dar troppo credito alla prima impressione, occorre un affinamento dei sensi e possibilmente una de-domesticazione, quando Griffero sostiene che la psicogeografia non offre altro che un modo di vivere borghese non è difficile pensare i motivi per cui s’inganna.

 

Per leggere il saggio di Tonino Griffero: http://ambiances.revues.org/399