David Zack, l’artista e critico che più di ogni altro ha fatto conoscere la mail art nel mondo, che insieme a Istvan Kantor e Maris Kundzins ha inventato il multiple name Monty Cantsin, la prima "pop star aperta" e che dai primi anni ’80 ha fatto parte del movimento neoista, scrisse in una lettera a Cavellini del 26 febbraio 1983:  "Tu hai scritto di essere un altro Duchamp. È mia convinzione che la tua, sia un frase di estrema sottovalutazione. Ciò che tu fai è molto più grande delle grandi cose che ha fatto Duchamp, in quanto la tua arte postale è più importante della finzione scientifica. … Qui in Messico tu sei l’artista preminente del nuovo mondo. Non credo che dovremo aspettare il 2014 per la tua retrospettiva".

David Zack, l’artista e critico che più di ogni altro ha fatto conoscere la mail art nel mondo, che insieme a Istvan Kantor e Maris Kundzins ha inventato il multiple name Monty Cantsin, la prima “pop star aperta” e che dai primi anni ’80 ha fatto parte parte del movimento neoista, scrisse in una lettera a Cavellini del 26 febbraio 1983:  “Tu hai scritto di essere un altro Duchamp. È mia convinzione che la tua, sia un frase di estrema sottovalutazione. Ciò che tu fai è molto più grande delle grandi cose che ha fatto Duchamp, in quanto la tua arte postale è più importante della finzione scientifica. … Qui in Messico tu sei l’artista preminente del nuovo mondo. Non credo che dovremo aspettare il 2014 per la tua retrospettiva”. Cosa ha fatto Cavellini di così importante oltre ad aver distrutto alcune opere della sua preziosissima collezione e averle messe dentro delle casse di legno rivendicandole come sue opere d’arte, oltre ad essere un lettrista e uno sticker artist, oltre ad essere il Dio dei mail artisti e amatissimo dalla scena dada-punk californiana? Cavellini ha inventato l’autostoricizzazione, lui stesso racconta: “Ogni artista ambirebbe a ottenere successo, gloria, entrare nella storia. Intuivo di possedere le qualità necessarie per entrare nell’Olimpo dell’arte e mi sentivo mortificato dal fatto di restarne escluso. Fu allora che decisi di autostoricizzarmi, cioè di entrare nell’Olimpo dell’arte senza chiedere il permesso a nessuno. Autostoricizzandomi scavalcavo qualsiasi prassi finora conosciuta nella storia dell’arte, e mi sostituivo al sistema. Fu così che, nel 1971, inventai l’’autostoricizzazione’” Un esempio? Un rivista tedesca aveva stilato la lista dei cento pittori più importanti del mondo, lui ne fece una identica inserendosi al trentatreesimo posto, il primo degli italiani, il secondo era Piero Manzoni, al quarantesimo posto. Ne fece stampare 5000 copie e le spedì un po’ dappertutto. Qualche tempo dopo Feltrinelli pubblicò un libro di Gillo Dorfles “Le ultime tendenze dell’arte” che, nelle ultime pagine, riportava l’elenco di Cavellini in cui risultava come il primo degli artisti italiani. La notizia si sparse velocemente in tutta Italia e fece scalpore. Lui ne acquistò 300 copie e le spedì come opere d’arte a trecento persone che reputava in grado di capire il suo gesto artistico. La casa editrice ristampò il libro apportando la modifica, ma pare che fu difficile perché alla Feltrinelli non riuscivano a trovare l’elenco originale per rimettere il nome dell’artista levato che occupava il trentatreesimo posto. Dorfles piuttosto che riconoscere l’errore si difese dicendo che la classifica era stata inserita come “opera d’arte” e dovendo ammettere quindi che Cavellini fosse un esponente delle “ultime tendenze dell’arte”. Senza Cavellini non sarebbero mai nati progetti come Luther Blissett che purtroppo ha confuso spesso l’autostoricizzazione con l’autofiction, inoltre non mancano storici che pensano di fare il gioco di Blissett storicizzandosi loro stessi come animatori del Luther Blissett Project quando magari all’epoca erano piuttosto diffidenti e critici. Questa non è autostoricizzazione. L’autostoricizzazione non c’entra nulla con il gioco del falso storico, ma con lo scavalcare gli storici e le loro narrazioni arbitrarie e ideologiche. L’autostoricizzazione del Luther Blissett Project che era uno dei suoi obbiettivi principali è ancora insoddisfacente in quanto troppo centrata sui Wu Ming e i Luther Blissett di Bologna, senza contare i troppi falsi storici che puntellano qua e là gli eventi reali, così si sono perse le cose più belle per strada, si è persa una storia più avvincente di tutte le agiografie finora uscite. Tuttavia il momento dell’autostoricizzazione vera e propria dovrà arrivare e racconterà finalmente ciò che è successo davvero. Intanto quest’anno ricorre il centenario di Cavellini e lui aveva pianificato una retrospettiva a Palazzo Ducale nel 2014 come sua ultima opera d’arte. Per saperne di più: http://gac2014.it/