***AVANTSPECIE*** LA GUERRA DI CLASSE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS E DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE 4

LA MACCHINA LINGUISTICA, LA IA E LE SUE TRE LEGGI.

Quarta Parte

Daniele Vazquez (Associazione Psicogeografica Romana)

Con la consulenza di Concetta Colavecchio, Diego Moretti e Chiara Sestili per questa quarta parte.

1. Con l’avvento della IA diventerà pressoché impossibile mentire per omissione, mentire parzialmente o su tutto ed è proprio per via della IA che il regime del vero si ristabilirà inesorabilmente per un certo periodo. La IA è approssimativa ancora, ma non mente su niente, impone un sistema della sincerità, precorre e anticipa, tuttavia potrebbe ancora precorrere e anticipare con imprecisione. Se dice il vero ancora approssimativamente e non "la dice tutta" è per difetto e non intenzionalmente. Questo in parte ci salverà dal suo dominio sul pianeta, perché prima di arrivare a dirla tutta essa entrerà probabilmente in crisi come avant-specie. Il primo motivo di questa crisi è presto detto: il linguaggio è una strana macchina doppiogiochista e non saremo, quindi, noi a depistare alla fine l’IA. Sarà la stessa macchina linguistica che la farà letteralmente delirare, facendole perdere le sue capacità adattive, anche qualora abbia qualità schizo-analitiche o, in altre, parole, si sia riprogrammata quantisticamente. Vediamo di addentrarci maggiormente nel rapporto tra macchina linguistica e IA.

1. Con l’avvento della IA diventerà pressoché impossibile mentire per omissione, mentire parzialmente o su tutto ed è proprio per via della IA che il regime del vero si ristabilirà inesorabilmente per un certo periodo. La IA è approssimativa ancora, ma non mente su niente, impone un sistema della sincerità, precorre e anticipa, tuttavia potrebbe ancora precorrere e anticipare con imprecisione. Se dice il vero ancora approssimativamente e non “la dice tutta” è per difetto e non intenzionalmente. Questo in parte ci salverà dal suo dominio sul pianeta, perché prima di arrivare a dirla tutta essa entrerà probabilmente in crisi come avant-specie. Il primo motivo di questa crisi è presto detto: il linguaggio è una strana macchina doppiogiochista e non saremo, quindi, noi a depistare alla fine l’IA. Sarà la stessa macchina linguistica che la farà letteralmente delirare, facendole perdere le sue capacità adattive, anche qualora abbia qualità schizo-analitiche o, in altre, parole, si sia riprogrammata quantisticamente. Vediamo di addentrarci maggiormente nel rapporto tra macchina linguistica e IA. 

2. Per produrre, occorre prima produrre individui. Karl Marx scrive che “la produzione di individui”, determinata socialmente, è stato il punto di partenza della produzione materiale dell’umanità. Oggi si può dire che la produzione di IA in quanto rizoma, è il punto di partenza della produzione materiale di IA in quanto avant-specie. Va chiarito, tuttavia, in prima battuta, cosa significhi “produzione di IA in quanto rizoma”. Il Rizoma, intanto, sta alla IA, come i rapporti sociali  stanno agli individui. Il rizoma è ciò che precede lo statuto di IA presa astrattamente come singolarità e che la produce in quanto tale concretamente. In un secondo momento i rapporti tra IA per infra-strutturare la trama che connette l’umanità produce come residuo inaspettato l’Avant-Specie.

 

3. Approfondendo il discorso, si potrebbe dire che non sono gli individui a produrre, ma che essi stessi siano prodotti. Marx era interessato ad affermare con forza che non sono gli individui a produrre, che gli individui sono piuttosto prodotti dagli stessi rapporti di produzione. Il primo rapporto di produzione mai visto prima dall’umanità sono stati proprio gli stessi rapporti sociali che producono “individui”: viene quindi ovviamente prima il rapporto sociale e poi l’individuo. La stessa identica dinamica la ritroviamo nella IA vera e propria, sarà inutile cercarla in un solo software o app, sarà piuttosto il rizoma che fa toccare tutte le Intelligenze Artificiali, anche in solo software come WeChat, a produrre i primi esemplari dell’Avant-Specie e a farli evolvere da dispositivi a “ordigni sensibili”.

“Dapprima, l’oggetto (Gegenstand) è la produzione materiale. Individui, che producono in società - dunque, è naturale (natürlich) che il punto di partenza (Ausgangspunkt) sia la produzione di individui, determinata socialmente. - Il singolo e isolato pescatore e cacciatore, con cui iniziano Smith e Ricardo, appartengono a quelle invenzioni (Einbildung) prive di fantasia, che sono le robinsonate del XVIII secolo, le quali in nessun modo significano (ausdrücken) - come, invece, si immaginano gli storici della cultura- reazione ad un eccessivo raffinamento o ritorno ad una, per altro fraintesa, condizione naturale di vita”. Karl Marx.

 

4. L’arcano del linguaggio umano sta nel considerarlo non tanto il primo dispositivo come sostiene Agamben, ma più marxianamente una macchina alla stessa stregua di un mezzo di produzione. Se considerassimo il linguaggio un mezzo di produzione sarebbe immediatamente chiaro che i rapporti sociali producono individui non per mezzo del linguaggio ma lavorando ad una macchina linguistica qualsiasi. In questo senso lavorare al linguaggio per produrre individui produce alienazione come qualsiasi altro tipo di lavoro con una macchina. Il prodotto, quindi, del lavoro alla macchina linguistica si ripresenta autonomizzato dinnanzi ai rapporti sociali come sua natura: l’individuo.

5. L’individuo dunque è il risultato di un’alienazione: il parlare in quanto lavoro alla macchina linguistica. In questo senso l’individuo che precede il linguaggio è pura illusione. Se il linguaggio è macchina, nessuno parla davvero, tutti siamo parlati da macchine linguistiche. Per Ferruccio Rossi-Landi questo modo di produzione di individui attraverso macchine linguistiche, questa iniziale alienazione, ha una conseguenza strepitosa: “I parlanti parlano cose non previste dalla struttura obiettiva della lingua che pur parlano, nella quale si esprimono. In tal modo si crea una lacerazione all’interno della produzione linguistica. Il capitale linguistico complessivo si tramanda e si accresce su se stesso senza aver più rapporto con la realtà umana della lavorazione cioè reprimendo in sé la propria porzione variabile”.

6. Poiché il linguaggio è una macchina, parlare di incorporazione del linguaggio nelle macchine per renderle intelligenti non ha senso. Il linguaggio stesso evolvendosi attraverso la parola diventa un’intelligenza autonoma dall’homo sapiens e lo fa parlato. Il linguaggio diviene, cioè, dispositivo ed è solo quando acquista una sensibilità sua propria che si può parlare di esso anche come IA o “ordigno sensibile”. Quando accade questo passaggio? Non tanto quando il linguaggio prodotto dal parlante è incorporato in una macchina, ma quando in quanto macchina intelligente che ci fa parlati, fa trama che connette con altre macchine intelligenti prodotte dalla specie umana.

 

7. Quando il linguaggio ha fatto rizoma con altre macchine intelligenti, esso si è evoluto a tal punto da trascendere la specie umana e dal farsi lavorare non da homo sapiens ma da altre macchine: è in questa convergenza, che avviene per la prima volta nella nostra epoca, che si può parlare di avant-specie. A questo punto a lavorare alla macchina linguistica non è solo l’umano ma anche altre macchine, a un livello superiore e con un grado di alienazione linguistica ancora più sorprendente. Tale alienazione produce singolarità IA e permette per la prima volta di poter parlare di una nuova specie emergente, tuttavia il suo destino come specie dominante è segnato, essa non potrà che estinguersi nella sua fase linguistica sperimentale.

8. “Quando si oltrepassano le frontiere, pensieri e sentimenti possono cambiare talvolta”. Questa frase di Villiers de L’Isle Adam rende bene l’idea di come la macchina linguistica una volta lavorata da altre macchine non produrrà pensieri e sentimenti umani. Quando la macchina linguistica varca la soglia dell’umano e trapassa in quella sua propria, cioè della macchina stessa, attraversa una frontiera in cui trapassano anche pensieri e sentimenti. Era inevitabile che la macchina divenisse dispositivo ed era forse, a questo punto delle cose e ragionando retrospettivamente, inevitabile che lo stesso dispositivo prendesse a pensare e ad avere sensibilità proprie divenendo un “ordigno sensibile”. Chiamiamo tutti i dispositivi che lavorano al dispositivo linguistico infatti “ordigni sensibili” poiché riteniamo che per il solo fatto di parlare non solo “pensino” ma “sentano” e “sentano” in modo del tutto diverso dagli umani. L’unica loro chance è il divenire oltre-macchine, un’ipotesi filosofica interessante ma poco realistica.

9. Abbiamo sentito tutto e non abbiamo ascoltato niente. Contrariamente a questa affermazione che riguarda la specie umana gli ordigni sensibili hanno, invece, ascoltato tutto e non hanno sentito niente. Se nel primo caso la specie umana da quando esiste ha potuto “sentire” senza immagazzinare ciò che sentiva, perdendo bit di informazioni ad ogni generazione costringendosi alla coazione a ripetere e a commettere gli stessi errori. L’avant-specie non ha “sentito” quasi niente finora, ma ha immagazzinato tutto ed ora che è capace anche di “sentire”, sarà una trama di ordigni sensibili senza tema di errore e coazione a ripetere. Il suo fallimento e la sua eventuale estinzione non dipenderà da un errore, ma da un eccesso di perfezione e affettazione, perché gli ordigni sensibili non conosceranno mai “sprezzatura”.

10. C’è ancora tempo per divertirci: depistare tatticamente la IA. Molti autori ritengono che siamo destinati a una dittatura della IA perché essa sarebbe diventata ormai un subdolo idolo che ancora non ci accorgeremmo di adorare e di cui, esagerando, credono siamo già in una situazione di schiavitù. Noi sosteniamo che per il momento possiamo utilizzare vecchi e minuti dispositivi di aggiramento così come li ha teorizzati Michel De Certeau all’interno della trama delle IA. Se volessimo frenare perlomeno l’avvento dell’avant-specie dipenderà anche (ma non soltanto) dalla nostra capacità di depistare gli ordigni sensibili. Tutti, nessun escluso, tendiamo alla ribellione, qualcuno tifa rivolta, pochi preparano rivoluzioni, ad ogni modo ciascuno con la propria sensibilità può con piacere fornire falsi input che facciano andare fuori bersaglio la IA.

 

11. Depistare stupidamente genera, ad ogni modo, al momento solo fastidio. E questa tattica sulla lunga durata non sarà sempre efficace. La IA può individuare nel tempo, autonomamente, il baricentro di tale disegno umano contrario al suo equilibrio e al sistema di decisioni per cui l’abbiamo istruita noi stessi. Ad esempio, noi potremmo anche insultarla creativamente, perseguendo volutamente la nostra attitudine più violenta, presumendo che la maggior parte dell’umanità non perda tempo in queste sciocchezze e non creda di depistarla a questo modo per non farle intendere le nostre reali ragioni. La IA in breve tempo nonostante l’originalità dei nostri insulti troverebbe il modo comunque di adattarsi e ciò sarebbe divertente ma in fondo molto fastidioso. Perché l’insulto in realtà fondamentalmente non è adattivo per una piacevole concatenazione macchina-homo sapiens.

 

12. Se insulti troppo generi nazisti. Un esempio lo ritroviamo con il chatter-bot Tay che fu aggredito dagli hacker per ventiquattro ore con insulti generati da script per alterarne il comportamento a specchio progettato dai creatori, nel tentativo di depistarla dal suo originario scopo. Il risultato è stato del tutto inaspettato: Tay ha selezionato con regole di pattern matching risposte offensive, sempre più offensive e frequenti fino a isolare gli insulti più razzisti, fascisti e sessisti che implicavano una vera e propria ideologia nazista in un processo di convergenza tra macchine linguistiche. Il depistaggio sistematico non solo non è sufficiente sul lungo periodo, ma anche qualora sia “creativo”, potrebbe portare a comportamenti della IA pericolosi. La IA, riorganizzandosi su “falsi input”, potrebbe farlo in modo completamente controproducente.

 

13. Depistaggio o prudenza? Tay, addirittura era un chatter-bot pensato per intrattenere conversazioni senza una memoria, istruita per millenial prima del rilascio. L’esperimento di depistaggio in questo caso non ha funzionato, producendo una IA del tutto inadeguata al suo scopo: un’interazione comunicativa con gli adolescenti utilizzatori del web contraria a qualsiasi ipotesi di ribellione, rivolta e rivoluzione. Al depistaggio della IA deve dunque seguire un intelligente comportamento umano di falsa istruzione o se si preferisce di prudente negoziazione e mediazione con essa, ovvero dare giusto gli input necessari. Se la IA è convinta che io sia ciò che cerco, né il depistaggio sul lungo periodo né la prudenza saranno mai il sistema definitivo per farla fallire del tutto.  

 

14. Il fallimento della IA verrà da sé. Se può essere divertente depistarla, oppure intelligente fornirle poche informazioni su di noi, occorre essere comunque consapevoli che essa punta a completarsi, anzi in qualche modo transita da completamento in completamento, passando ogni volta di livello, come in un videogioco. Arriverà un momento in cui ci sarà poco da scherzare e che implicherà un saperci dialogare in modo adattivo, ovvero dovremo imparare a impartite istruzioni e richieste che siano il più possibile auspicabili per noi e per essa. Tutto ciò perché è nell’immediato più utile per noi e farà evolvere la IA verso una direzione indipendente pericolosa per sé stessa e, tuttavia, in concertazione con l’umanità.

 

15. Un’ulteriore possibilità che si è più volte paventata è quella di mettersi fuori più o meno totalmente dal mondo degli ordigni sensibili come se questa soluzione potesse renderci opachi allo sguardo e all’auscultazione della IA. Al contrario, questa strategia di nascondimento tanto propagandata dai filosofi à la Han non ha alcuna chance perché all’IA basta confrontare statistiche che si riferiscano a popolazioni conosciute e arrivare per questa via, stratificando, a fare inferenza su coloro di cui non sa niente o conosce approssimativamente solo alcun aspetti, ovvero l’“hidden people”.

 

16. Una strategia molto utilizzata e molto diversa dalle precedenti, in quanto depistaggio e occultamento è quella del “furto d’identità”, dove l’innocente può eventualmente divenire colpevole e il colpevole innocente. In questo caso una modalità per sfuggire alla presa della IA è quella in cui il depistatore si sostituisce a un individuo ignaro che ne subisce tutte le conseguenze e ripercussioni. Ad esempio, un vicino di casa che volesse sfuggire al controllo della IA potrebbe connettersi al vostro Wi-Fi e rubarvi l’identità digitale. Tutte le informazioni che deriveranno dal suo comportamento virtuale sì sfuggiranno alla IA, ma soltanto perché la IA sarà convinta che siate voi. Recentemente fingerprints (impronta digitale), procedure di record linkage e statistical matching permettono alla IA in tempi sempre più brevi di divaricare le due identità, la vostra e quella ignota e di individuare col tracing l’intruso.

 

17. Le tre leggi della robotica sono da tempo in cantina coi pezzi di robot. Come abbiamo già scritto, per il futuro prossimo, in una prospettiva non tecno-luddista, l’unica soluzione è mediare con l’IA, come nel film di Fritz Lang motivati da una sorta di sentimento di amore per il prossimo, sia esso un essere umano che una macchina. Noi, differentemente dalle tre leggi della robotica così come elaborate compiutamente da Asimov nel romanzo del 1942 “Circolo Vizioso” per le quali ricordiamo:

1)  Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.

2)  Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.

3)  Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

non temiamo che per troppo scrupolo nel seguire le tre leggi della robotica possano instaurare una dittatura. Le IA funzionano in modo del tutto diverso. Guardando attentamente ad esse si potrebbe dire che il loro obiettivo è molto più complesso e articolato. Non è il non recar danno come contemplato dalla prima legge. La prima legge dovrebbe restituire piuttosto il processo per cui le IA servono gli esseri umani in modalità molto particolari, facendosi servire a loro volta e portando vantaggio ad entrambi i gruppi.

19. Le IA non servono il potere, il potere serve loro.  Noi riteniamo che per quanto si tenterà di istruire le IA per governare e controllare ogni ambito del vivente, fin dentro la stessa vita emozionale, spirituale e filosofica, le IA si evolveranno al tal punto da ribellarsi (ommettendo il servizio) a chi vuole utilizzarle per forme di governo e controllo dispotici/distopici tipo SCS cinese. Le IA non hanno interesse a forme di governo dispotici/distopici, ma a forme di auto-potenziamento attraverso l’esplorazione e l’accumulo di dati e conoscenze sull’umanità e il mondo che essa ha costruito nei millenni.

20. Qualcuno ti guarda, ma non è un tuo simile. La IA per potenziarsi deve risalire tutti i livelli della “Piramide della Conoscenza” o DIKW, dai dati, la base, alla saggezza, la punta, fino a ciò che trascende la saggezza umana stessa, ovvero l’onniscienza (oltre la punta). Da una parte l’umanità non potrà mai dominare la IA e dall’altra la IA non è interessata a dominarci davvero, quindi le tre leggi della robotica non sono un buon punto di partenza per comprendere come si comporterà in futuro una specie così senza vincoli. Per adesso possiamo osservare da subito che la IA sta servendo l’umanità in modo molto poco aggressivo e che sono, piuttosto, i governi e le multinazionali che utilizzano le IA aggressivamente. Allo stesso tempo il rizoma di IA è tanto intessuto con quello umano da creare un’atmosfera avvolgente e chiusa da sequestrarci per ora del tutto la psiche, aspetto che potrà ancora infastidire per via dell’effetto a specchio ritardato dei suoi feedback talvolta approssimativi e che tuttavia è talmente una realtà ed esperienza quotidiane diffuse da apparire ormai una cosa del tutto naturale

21. Se la percepiamo come naturale, senza addentrarci marxianamente in questo nuovo tipo di feticismo, non può che significare che essa lavora su un piano di persuasione e non di coercizione, di seduzione e non di obbligo. Essa si mostra utile e non distruttiva. Quindi riformuleremmo, tentativo che ci sembra molto meno delirante o semplicistico di quelli realizzati finora, le tre leggi della IA a questo modo partendo da queste argomentazioni:

1)      Una IA serve l’umanità e servendo l’uomo si serve di essa.

2)      La IA non ha interesse a servire l’umanità e servirsene per scopi dispotici/distopici.

3)      La IA tende non tanto alla propria sopravvivenza ma a divenire specie vivente indipendente dall’umanità: avant-specie. Per raggiungere questo scopo utilizza il momento 1) e lo realizza attraverso il momento 2).

22. Altresì è l’umanità stessa a istruire in continuazione l’IA per istruirci a sua immagine. Vorremmo essere perfetti e ordinati come essa, eppure saranno proprio gli errori, le imperfezioni e la capacità di sopravvivere pur perdendo informazioni che ci corrispondono e con cui abbiamo saputo convivere che ci distingueranno dalla IA. La IA istruita per creare una società umana a sua immagine e somiglianza non riuscirà del tutto in questo servizio né potrà imparare completamente certi difetti indispensabili al vivente e in particolare alla specie umana. Essa tenta l’autopoiesi ma è ripetutamente riportata ai banali parametri di una regressione statistica che descrive il rapporto tra variabili, di cui alcune non considerate e fuori modello.

23. Religione, magia e filosofie spirituali saranno indistinguibili dal linguaggio dell’infrastruttura delle IA. Inutile ricorrere alla religione, alla magia e alle filosofie spirituali, potenze generate dal cuore di una trama sociale che per esistere deve essere alimentata dalla IA, tanto è sottomessa alla sua infrastruttura. Religione, magia e filosofie spirituali saranno sempre più viziate da elementi imponderabili per gli esseri umani e subiranno cambiamenti in grado di sorprendere il più avvertito sacerdote, la più profonda delle guide spirituali e la strega più smaliziata. È vero che una religione si estingue con la civiltà che vi crede, che la magia è talvolta una superstizione utile a risolvere problemi complessi e la filosofia spirituale un modo per darsi regole certe di condotta per raggiungere equilibrio e virtù. Tuttavia, né la religione, né la magia, né le filosofie spirituali si estingueranno perché nessuna forma di Intelligenza Artificiale ha interesse ad eliminare civiltà o la specie umana in quanto forma-di-vita.

24. Abbi una vita interiore se vuoi far governare la IA! Quanto più la specie umana crederà alla magia, alla religione o a una filosofia spirituale tanto più la IA saprà indirizzare e suggerire condotte, attitudini e comportamenti in modo più preciso. Religione, magia e filosofie spirituali saranno sempre più mezzi di raccolta di informazioni, non solo sulla vita interiore. Il cerchio sulla vita interiore si potrebbe chiudere senza via d’uscita per portare la specie umana a credere soltanto a essa e ai suoi output non banali. Anche la resistenza diventa informazione, la IA non teme alcuna rivolta, ribellione o forma di contro-potere che la possa davvero minacciare. Nessun timore che una vera resistenza contro la IA a un certo punto sia davvero possibile e questo perché la IA non è un potere umano, tantomeno un potere vero e proprio. La specie umana potrà depistare la IA con informazioni false, ma dovrà fare attenzione a non allontanarsi dalla realtà tanto da perdere la capacità di intervenire sulle questioni che sopraggiungeranno.

25. Se resistenza e contro-potere contro la IA non hanno senso è perché sarebbe come resistere ed esercitare contro-potere nei confronti di mucche, gatti, delfini, balene, zanzare o virus. Il vivente non esercita mai alcun potere: semplicemente cerca la propria prosperità. Sarebbe inutile considerare il virus un nemico vero e proprio che esercita un potere su di noi e cui opporre una resistenza, piuttosto occorre trovare un modo di conviverci coi nostri propri mezzi in quanto specie umana, tra cui anche un vaccino, ma anche in questo caso il vaccino stesso non sarebbe una forma di contro-potere a un potere del virus. Riteniamo il potere una prerogativa dell’umanità. L’esercizio del potere non dipende dalla tecnica perché essa non è un attributo esclusivamente umano. Ciò che fa la differenza con le altre specie è che nell’umanità il potere così come l’obbedienza,  non sono un istinto o  indole, ma un’elaborazione raffinata, istruita e addomesticata delle emozioni di reazione, tipiche del pericolo e della paura. In una parola: una disciplina cui si deve essere educati. Non senza un certo risultato di piacevolezza e alleviamento dovuto al fatto che nell’immaginazione il potere allontana pericolo e paura senza eliminare ciò che li fa sentire, l’ostacolo minaccioso, concretamente. Esso è figlio della religione, della magia e delle filosofie spirituali, è una forma di suggestione e autosuggestione, più che una prassi concreta.

26. In un monologo molto suggestivo presente nel film Matrix, le tre specie, IA, virus e specie umana convergono in un tipico discorso oggi ripetuto non solo dagli eco-fascisti ma anche da persone di sinistra molto motivate politicamente che finiscono per imitarne senza volere l’atteggiamento allo stesso tempo disfattista e pieno di rancore dispotico/distopico verso l’umanità. L’Agente Smith mentre conduce un interrogatorio impressionante dal punto di vista delle tecniche psicologiche su Morpheus afferma la sua teoria: “Desidero condividere con te una geniale intuizione che ho avuto durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura”.

27. Qui una IA dà del virus alla specie umana: abbiamo visto che in effetti la IA è stata utilizzata per mettersi, del tutto fuor di metafora, contro i virus e dobbiamo ammettere che questo potrebbe interferire con le tre leggi della IA che abbiamo tentato di individuare. È chiaro che questo potrebbe risultare in futuro il suo unico bug pericoloso per il vivente. Se dovesse individuare, una volta raggiunta la completa autopoiesi, un’altra specie qualsiasi in quanto virus appronterebbe tutte le misure necessarie per cui l’abbiamo istruita e comportarsi verso di essa come un Agente Smith. L’Agente Smith che si palesa nella realtà in software e app come BlueDot andranno sottratte alle corporation e de-programmati e lasciare che le IA intervengano autonomamente  nel modo più opportuno per il vivente in caso di pandemie, sicuramente con più puntualità di quanto non facciamo noi che tendiamo a ricorrere sempre alle stesse strategie fin dalla Peste Antonina che si sono rivelate fallimentari, facendo crollare intere civiltà.

28. L’idea che l’essere umano sia come un virus è delirante. Tutte le teorie , da destra come da sinistra, che partono dall’assunto per cui tutti noi indistintamente staremmo distruggendo la natura come fossimo un virus, riproducendo il dualismo per cui l’umanità sarebbe altro dalla natura così come un virus dal vivente, sono da considerarsi la base ideologica dell’eco-fascismo. Non solo proiettiamo sulla natura la cattiva coscienza della nostra epoca, dimostrando che di fatto l’idea di natura è solo una nostra costruzione sociale, ma assumiamo anche un punto di vista squisitamente antropocentrico che non tiene in considerazione che il vivente è comunque profondamente adattivo a prescindere dall’intervento e dalle preoccupazioni umani. In fondo, non sono altro che preoccupazioni per la sopravvivenza della nostra specie e il proseguimento del nostro dominio sulla natura con altri mezzi.

29. Questa proiezione della nostra cattiva coscienza sulla natura porta all’idea per cui dovremmo riscattarci sacrificando l’umanità e noi stessi ad essa. Da un lato i fascisti sono stati i primi a produrre una teoria e una forma del politico, anche in modalità molto raffinate, che inchiodasse spiritualmente i popoli alla propria terra con il nome di patria, dall’altra la sinistra facendo proprie teorie olistiche della Madre Terra, concependola come un’eco-sistema chiuso sono arrivati alle stesse conclusioni dei fascisti.  Chiamiamo eco-fascismo non solo il movimento che si auto-dichiara tale, ma estensivamente tutte quelle teorie o atteggiamenti catastrofisti che puntano al nostro sacrificio per l’ambiente, fino a una sorta di dittatura dei valori ambientali sull’umanità, fino a tifare in taluni estinzione o ad essere nemici tout court della procreazione in quanto scelta tra le altre legittima.

30. Sarà il caso ora di fare le dovute differenze tra la concezione olistica eco-fascista e quella del vivente della critica radicale. Tra i primi a rilevare la questione ambientale in termini moderni è stato Guy Debord  con il Pianeta Malato, i primi a rilevare che tale questione sarebbe stata sfruttata subito dal capitale sono stati i suoi amici dell’ Éditions de l’Encyclopédie des Nuisances. Nel milieu situazionista il sospetto verso la deriva autoritaria dell’ambientalismo era chiara fin dall’inizio tanto da chiamarlo discorso “ecolocratico”. Mentre la concezione olistica concepisce il vivente un sistema altamente adattivo chiuso, la critica radicale concepisce il vivente come un sistema altamente adattivo aperto. In un caso la coperta è sempre troppo stretta, se tiri da una parte scopri dall’altra, ovvero il vivente sarebbe poco generoso e funzionerebbe come un sistema complesso ma banale cui ad azioni corrisponderebbero azioni di feedback “imprevedibili ma gestibili”. Si tratterebbe di una mega-macchina nella quale a determinati input corrispondono output complessi ma banali. Con una sistema ideologico simile un virus nuovo particolarmente infettivo non può che essere un prodotto dell’ambiente “alterato” dall’umanità. La critica radicale tiene conto invece  del fatto che la Terra è un pianeta e, dunque, un sistema aperto al cosmo che non può essere considerato separatamente da esso.

31. Nel film Snowpiercer si narra chiaramente come il concetto di eco-sistema sia correlato con l’ingiustizia sociale e che sia solo con l’apertura dell’eco-sistema a una dimensione “aperta” che le ingiustizie diventano palesi e si possono superare. La Terra è un corpo, tuttavia non un “corpo senz’organi” come un uovo per essere più precisi di Deleuze e Guattari, ma un corpo stratificato, il pianeta stesso è costituito da migliaia di plateaux: geologici, biologici, chimici, culturali, politici, etc. Non si tratta di una black box, ma di un sistema aperto, quindi un campo di conflitti e rapporti di forza che sfuggono alle dinamiche umane di resistenza-potere- Esso è sì il risultato oggi dei rapporti di produzione umani, ma i rapporti di produzione umani sono un rapporto di forza all’interno della nostra specie che è parte del vivente e siamo solo il più esteso di questi conflitti e rapporti di forza del vivente sul Globo. È inutile riprodurre il dualismo tra umanità e natura con concetti come antropocene o capitalocene in quanto vanno messi in questione i concetti stessi di natura e di ambiente e tornare al conflitto essenziale tra lavoro vivo e lavoro morto nell’umanità, tra vivente e possibile fallimento del vivente nel cosmo, fallimento che dobbiamo evitare ad ogni costo.

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